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Il Moscato d’Asti è un vino da dessert prodotto in 52 Comuni delle province di Asti, Cuneo e Alessandria con uve moscato bianco in purezza. Viene fatto quasi esclusivamente da aziende di dimensioni medio piccole o da cantine cooperative che trasformano solamente le uve dei propri vigneti, il Moscato d’Asti ha raggiunto livelli qualitativi straordinari grazie alla diffusione della moderna tecnologia enologica, in particolare quella del freddo, che ha consentito di mantenere nel vino gli aromi ed i sapori del frutto e, nello stesso tempo, di stabilizzare il prodotto permettendone la conservazione ed il trasporto. Storia, tradizione, dedizione imprenditorialità geniale, applicazione e ricerca continua lo mantengono prezioso esaltandone le peculiari caratteristiche.

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La denominazione di origine controllata e garantita “Asti” (unico disciplinare) è riservata a due vini:

  • “Asti” o “Asti spumante”, il vino spumante
  • “Moscato d’Asti”, il vino bianco non spumante

Il Consorzio dell’Asti tutela anche il Moscato d’Asti che, pertanto, è sottoposto agli stessi controlli da sempre messi in atto sull’Asti Spumante. Con la D.O.C.G., inoltre, molte aziende vitivinicole dirette produttrici si sono iscritte al Consorzio che ha costituito al suo interno suo interno il Consiglio del Moscato d’Asti al fine di tutelare il prodotto dalle imitazioni e per far crescere il livello qualitativo e valorizzare l’immagine, peraltro già alta, del prodotto.

Le prime notizie relative al Moscato in Piemonte risalgono al 1203, ma questo vino ricco e aromatico si mise in piena luce solo nel XVIII secolo, dopo che Giovan Battista Croce, gioielliere dei duchi di Savoia, ne perfezionò le difficili tecniche di viticultura e vinificazione. Il Moscato bianco cresceva particolarmente rigoglioso  sulle ripide e fresche colline delle Langhe, adagiate su entrambi i versanti della valle del Belbo intorno a Canelli, città da cui il vitigno prese il nome. Fu qui verso il 1870 che Carlo Gancia introdusse i metodi appresi nella Champagne diventando il padre dell’Asti spumante.

L’uva ammessa è esclusivamente Moscato bianco, viene pigiata utilizzando presse a polmone (pressione massima di 1,5 Bar) ed il mosto così ottenuto, ripulito dalle particelle solide in sospensione mediante defecazione statica, centrifugazioni e/o filtrazioni, viene refrigerato e mantenuto a 0°C gradi, per evitare l’inizio di fermentazioni indesiderate, fino all’utilizzo per la presa di spuma finale.

 

In tutto questo periodo, che può essere anche di 12 – 15 mesi, il mosto non deve fermentare quindi va controllato sistematicamente e appena si nota un incipiente fermentazione va rifiltrato e refrigerato per separare ed inattivare i lieviti indesiderati del mosto. Infine il mosto va fermentato e portato ai requisiti richiesti dal disciplinare di produzione. La tecnologia per la preparazione del Moscato d’Asti prevede: riscaldamento del mosto da 0° a 18°C, aggiunta di lieviti selezionati a bassa produzione di acetaldeide (odore di mela cotta) e conduzione della fermentazione a temperatura controllata variabile dai 18° ai 20°C. Quando il mosto vino arriva ai 4,5 – 5,5 gradi di alcool svolto si arresta la fermentazione alcolica mediante refrigerazione a – 3°C, si filtra e si procede all’imbottigliamento previa una ulteriore microfiltrazione sterilizzante. Quest’ultima si rende necessaria in quanto bastano pochi lieviti residui per dare origine a una rifermentazione del prodotto che porterebbe ad un intorbidamento del vino, alla modifica del sapore e in casi più gravi, alla rottura della bottiglia.

L’Asti spumante ed il Moscato d’Asti devono essere consumati giovani (possibilmente entro l’anno successivo alla vendemmia) al fine di apprezzare l’aroma del moscato nella sua completa intensità e tipicità.

L’elevata acidità, la temperatura elevata e l’esposizione alla luce sono infatti i fattori che rendono più veloci le normali trasformazioni della struttura chimica dei terpeni nel tempo