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SPUMANTI

Le origini della spumantizzazione possono essere fatte risalire addirittura a circa un millennio prima dell’era cristiana, a tal periodo risale, infatti, il Libro dei Salmi, nel quale compare Jahvé che sorregge una coppa di vino “spumeggiante”. Dopodichè dobbiamo ai Romani l’inizio di tecniche particolari per la presa di spuma quali:

Aigleucos – che consisteva nel porre il mosto da fermentare in anfore impermeabili che venivano calate in acque fredde per rallentare al massimo al fermentazione.

A Pompei è stata ritrovata una cella vinaria raffreddata in continuazione con acqua fredda ed è da considerare come il primo spumantificio della storia.

Acinatico – molto simile alla precedente ma con mosto ottenuto da uve passite.

La ricchezza di zuccheri contribuiva ancor più a rallentare il processo di fermentazione.

Nel Medioevo la viticoltura, e non solo, registra un periodo di decadenza terribile e la produzione di vini rimane prerogativa dei monasteri. Sarà poi con l’arrivo del Rinascimento e l’attenzione alla qualità della vita, di cui il vino costituisce parte integrante, che la coltivazione della vite ebbe un nuovo splendore. E proprio durante questo periodo si prese coscienza di vini speciali indicati come ispumanti ; si registra inoltre la nascita degli spumanti ottenuti dall’uva Lambrusca, dalla Tosca (Sangiovese) e dal Moscadelletto di Montalcino. Dopo la scoperta dell’America e il conseguente decentramento del commercio , monopolizzato quasi interamente da inglesi e olandesi, la viticoltura italiana soffrì la concorrenza di quella francese; di più facile approvvigionamento attraverso la costa atlantica. Come attenuante per la viticoltura italiana è la precaria situazione politico-economica sofferta negli anni prima dell’unificazione, rispetto a quella francese, sicuramente più stabile.

I metodi più classici di spumantizzazione sono: Metodo Classico (Champenoise, ) e lo Charmat (lungo e corto).

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CHAMPAGNE

 

Definizione

È un vino spumante prodotto e imbottigliato in una zona ben delimitata della Francia, con uve selezionate; è ottenuto dalla rifermentazione in bottiglia e dalla maturazione sulle fecce del vino stesso.

 

Storia:

Furono gli antichi romani a portare per primi i ceppi di Vitis Vinifera Sativa nell’attuale zona di produzione dello champagne. Nel medioevo si iniziarono ad apprezzare i vini di queste terre e la coltura della vite venne sviluppata fino a quando nel XVIII° secolo s’iniziò ad abbandonare la produzione di vino rosso a favore di un tipo di vino che aveva caratteristiche di fermentare una seconda volta in bottiglia, divenendo “frizzante”. Tale metodo venne chiamato “Methode Rurale” , solo agli inizi del novecento fu inventato l’odierno “methode Champenoise” nato dopo quasi due secoli dalla produzione del primo vino frizzante.

Molti furono coloro che accrebbero e migliorarono la produzione di tale prodotto; tra questi vogliamo menzionare Dom Perignon (frate benedettino) che nel 1668 nell’abbazia Benedettinadi Saint-Pierre di  Hautvillers, nella regione dello Champagne nella Valle della Marna, osservando che certi vini dolci non pronti, riprendevano nella tarda primavera a gorgogliare, terminando la fermentazione, trasse l’idea nell’aggiungere zucchero al vino fermo. Aggiunse poi della polvere di acino (pruina), tappò le bottiglie ermeticamente provocando così una seconda fermentazione, direttamente nella bottiglia. I risultati furono catastrofici, poiché tutte le bottiglie esplosero causate dalla pressione che si sviluppava dal processo. Allora dopo essersi recato in Boemia, fece costruire delle bottiglie speciali a vetro triplo (Champagnotte). Viene attribuita a lui anche la tecnica dell’assemblaggio.

Numerose sono state successivamente  le persone che misero a punto il suo metodo di produzione. Così alcuni sostengono “che non ci sia stato un inventore vero e proprio, ma che lo champagne sia un vino che si è fatto da se”. Questa nobile bevanda definita  “il vino dei Re il Re dei vini”, ebbe soprattutto alle Corti Reali d’Europa, un enorme successo.

Oggi l’elaborazione dello Champagne, viene tutelata da un organismo parastatale, istituito nel 1941,il C.I.V.C. (Comitée Intérprofessionnel du Vin de Champagne) che raggruppa i rappresentanti dei vignaioli, dei negozianti e dei commercianti. Il C.I.V.C. detta regole precise riguardo il territorio,i limiti di produzione,i vitigni autorizzati,la resa massima per ettaro,la resa alla torchiatura,oltre ad allevamento, conduzione e potatura della vigna.

 

Geografia e Terreno

Lo Champagne è prodotto nella zona più settentrionale della Francia,al limite nord della viticoltura europea;la suddetta zona che si estende per 35.000 ettari,è stata  delimitata ufficialmente da una legge del 22/7/1927,è situata a 150 km a nord est di Parigi e si suddivide in più regioni:  “Montagne de Reims”, “Vallée de la Marne”, “Còte des Blancs” e “Vignobles de l’Aube”, oltre a “Còte de Sézanne”. La regione dello Champagne, comprende 251 zone e Crus diversi,ognuno con il suo carattere proprio. Una scala di valori indica la classificazione dei vigneti o Crus,da 80% a 100%. Esistono 17 villaggi classificati al 100% e 40 Pr.Cru. Lo Champagne “Grand Cru” proviene da vigneti quotati 100%, mentre lo Champagne “Premier Cru” proviene da vigneti quotati da 90 a 99%. La Champagne, che si estende per circa 120 km, con una larghezza variabile tra i 100 e i 2000 mt, ha un sottosuolo molto particolare, composto da uno strato gessoso e calcareo che raggiunge lo spessore di 200 mt (craie).

La zona dello Champagne gode di una costituzione geologica particolare del terreno dovuta:

In origine alla presenza del mare in questa regione,

dal ritirarsi del mare ca. 70 milioni di anni fa, che ha lasciato un sedimento gessoso(craie) dello spessore medio di 200 metri,

da 2 terremoti, il primo 20 milioni di anni fa rompendo la crosta di gesso e sollevando il terreno, impregnandolo di elementi marini e di minerali; il secondo avvenuto 10 milioni di anni fa, ha portato alla formazione di un terreno collinare.

Il terreno gessoso e la presenza di fossili marini (Belemnita quadrata), sono le caratteristiche particolari del sottosuolo della zona dello Champagne. La base del terreno è ricoperta da uno strato di terra arabile assai magra, d’uno spessore che varia dai 20 ai 50 cm, su cui sono piantate le vigne. I ceppi delle viti affondano le radici fino a 3-4 mt di profondità nel gesso, traendo nutrimento dalle sostanze minerali.

La presenza del gesso nel sottosuolo ha vari vantaggi: immagazzina il calore del sole di giorno, per restituirlo gradualmente alla vite durante le serate fresche, garantisce un drenaggio perfetto, raccoglie l’eccessiva umidità mantenendone un livello costante.

 

Clima

La fortunata posizione di questa regione è accresciuta dall’alternarsi di un mite clima atlantico a uno rigido continentale. La morfologia della regione consente lo svilupparsi di microclimi particolarmente favorevoli alla coltura della vite.

Il clima è vario, caratterizzato dalla mitezza atlantica e dalla rigidità continentale. Le foreste e i boschi che circondano la regione riescono a filtrare le correnti umide; la temperatura media annua si aggira intorno ai 10,5°,non lontano dal minimo 9,5°sotto il quale l’uva non può maturare. Le vigne ricevono annualmente circa 1537 ore di sole,mentre la media annua di pioggia è sui 660 mm.

 

Vigna e Vitigni                                                                                

La disciplinare del 22/07/1927 delimita la regione di produzione in 35000 ha. Le autorizzazioni ad inserire nuovi impianti e reimpianti sono strettamente regolamentate.

I vitigni autorizzati sono:

PINOT NOIR dona corpo,forza,struttura, vigore.

PINOT MEUNIER infonde fruttato e freschezza.

CHARDONNAY dona eleganza e finezza.

La resa di produzione è controllata al fine di garantire una qualità superiore.

Alcuni accorgimenti sono:

la distanza tra i filari di vigna inferiore o uguale a 150cm.

La distanza tra i ceppi di vite dello stesso filare da 90 a 150 cm

La somma delle due distanze deve essere inferiore a 250 cm.

Allo scopo di mantenere i grappoli abbastanza vicini al terreno favorendone la loro maturazione è regolamentata anche l’altezza massima per cui sono consentiti due sistemi di potatura:

Potatura corta a Chablis o a Cordone (Royat)

Potatura Guyot e Valle della Marna

Per i grandi crus e i premiers crus sono ammesse solo le potature a Chablis e Cordon Royat perché danno uve di maggiore qualità.

Per lo Chardonnay e Pinot nero la potatura deve essere obbligatoriamente effettuata a Chablis, Cordon Royat o Guyot. La potatura Valle della Marna è autorizzata solo per il Pinot Meunier.

 

Processo Produttivo

Vendemmia

La raccolta delle uve è fatta a mano al fine di scartare gli acini danneggiati, i quali altererebbero il colore del mosto, o non perfettamente maturi (Operazione detta épluchage). I grappoli vengono raccolti in speciali cesti di vimini di piccole dimensioni chiamati “Mannequins”, successivamente avviati alla torchiatura su carri ammortizzati affinché gli acini non vengano schiacciati durante il trasporto.

Torchiatura

Al momento della vendemmia, la cui data è stabilita da un bando della Prefettura, su consiglio del CIVC, le uve sono raccolte manualmente.

La spremitura (pressurage) soffice è effettuata in particolari torchi (coquards) bassi e larghi, dalla capacità di 4000 kg di uva affinchè il succo non si colori a contatto delle bucce, sono torchi circolari la cui particolarità consiste in una spremiture morbida, lenta e controllata.

Il torchio viene caricato di un marc ,ossia 4000 kg, con uva proveniente esclusivamente dallo stesso cru (zona di produzione).

La torchiatura avviene senza frantumare la buccia impedendo così la colorazione del mosto, dopodichè viene grossolanamente filtrato e depositato nel primo tino : il belon.

Da 160 kg. di uva torchiata si ricavano 102 litri di mosto,equivalenti a 100 litri di vino per complessivi 2550 litri di mosto ogni marc.

Questi 2550 litri di mosto sono così suddivisi:

2050 litri di cuvée (ossia 10 piéces o botti da 205 litri di mosto fiore o mosto di prima spremitura)

500 litri di taille (il mosto della seconda spremitura).

Ad ogni vendemmia viene  fissato per Decreto il grado alcolico minimo che devono avere i mosti per poter essere vinificati per produrre lo Champagne.

I grappoli torchiati, quindi le vinacce (in francese “marcs”) costituiranno la base per ottenere una profumatissima grappa di Champagne: “Marc de Champagne”.

Débourbage

Dopo la torchiatura, il mosto, sempre suddiviso per crus, viene lasciato riposare per circa 12 ore nei tini di “debourbage” ovvero di decantazione per semplice gravità, contrassegnati dalla zona di provenienza. Si impiega questo procedimento per far precipitare le particelle solide sul fondo dei tini o vasche.

Vinificazione

Grazie ai lieviti presenti sugli acini, che durante la pigiatura sono finiti nel mosto, inizia la bollitura, chiamata anche prima fermentazione alcolica che avviene generalmente in vasche di acciaio inossidabile ma che pochissime grandi case, come Krug, Alfred Gratien e Bollinger(per i suoi millesimati) utilizzano tini in legno. La prima fermentazione avviene ad una temperatura controllata e costante di circa 20/22°C. Questo processo dura circa tre settimane, alla fine delle quali il mosto viene raffreddato, per favorire la precipitazione dei depositi. A questo punto si avrà il vino base, fermo, che conserva le caratteristiche del cru di provenienza.

Assemblage

E’ forse la fase più delicata perché affidata esclusivamente all’abilità dell’uomo. I vini dei diversi crus, tenuti fino ad ora distinti, vengono assemblati tra loro in quantità e proporzioni precise, determinate e variabili di anno in anno, incorporando anche vini di annate diverse, amalgamati per ottenere la cuvée unica e particolare di ogni casa di Champagne, rappresenta la costanza, assicurando la continuità e la tipicità di gusto di ogni azienda. Questo difficilissimo compito è affidato agli Chef de cave delle singole aziende, ognuno geloso dei suoi segreti.

Imbottigliamento (tirage)

Dopo un ulteriore filtraggio, alla cuvée , vengono aggiunti fermenti naturali di Champagne (lieviti selezionati e coltivati dai ceppi presenti sugli acini) e zucchero di canna (“liqueur de tirage”). Le bottiglie scure e spesse,vengono tappate con un cilindro di plastica fatto a “U” (bidule) e un tappo a corona.

Presa di spuma e invecchiamento

Le bottiglie, accatastate in posizione orizzontale, “sur lattes” una sull’altra, nelle cantine buie e fresche scavate spesso nel sottosuolo (in quanto più bassa la temperatura migliore sarà la finezza del perlage), vengono lasciate riposare per permettere la formazione all’interno delle bottiglie dell’effervescenza naturale (Prise de Mousse). Gli speciali lieviti trasformano, infatti, lo zucchero in alcool etilico e anidride carbonica, poiché 4g di zucchero sviluppano 1 atm di pressione, occorre aggiungerne 22-24g/lt per ottenere una pressione di 5-6 atm (come previsto dalla legge). E’ un processo lungo che dura parecchi mesi (la lentezza del fenomeno garantisce la formazione di una spuma sottile e persistente), seguito poi dall’invecchiamento di alcuni anni.

Al termine della rifermentazione (con l’aumento del grado alcolico), avviene un periodo di “maturarazione sui lieviti” che dura 36 mesi (almeno 12 per legge), in questo periodo (importantissimo per la qualità del bouquet e la finezza del perlage), le bottiglie vengono regolarmente ispezionate e agitate brevemente (coup de poignée).

 

Remuage

Concluso il periodo di maturazione, all’interno delle bottiglie si è formato un deposito di lieviti esausti dopo un processo di autolisi (rottura delle cellule del lieviti dovuta alla morte degli stessi), visibile controluce che deve essere eliminato. Inizia così una nuova fase: le bottiglie vengono infilate con il collo verso il basso nelle pupitres, speciali cavalletti in legno caratterizzati da particolari fori sagomati; dove i remueurs ruotano quotidianamente le bottiglie  di 1/8 di giro e progressivamente le porta in posizione quasi verticale (l’operazione dura fino a 2 mesi a seconda delle esigenze aziendali). Questo procedimento chiamato “Remuage” ha lo scopo di depositare le fecce nella “bidule” (contenitore in plastica che serve a raccogliere i sedimenti) posta sotto il tappo. Attualmente questo procedimento puramente meccanico è riprodotto con sistemi automatizzati chiamati “giropalettes” programmati da computer che riproducono i movimenti dell’uomo aumentando la produttività

Al termine del remuage le bottiglie sono ammassate capovolte, con il collo in giù (sur pointe).

Degorgement

Questa operazione serve a eliminare i residui che si sono depositati nelle bidule. Lo Chef de cave provvederà a visionare che tutti i lieviti esausti abbiano raggiunto il collo della bottiglia attraverso un’operazione denominata “mirage”. La sboccatura può essere effettuata in due modi:

“A la volée” (vecchio metodo): ove il dégorgeur, usando una apposita pinza (de homard), inclina la bottiglia verso la “guarite”e fa saltare il tappo.

“A la glace” immergendo il collo della bottiglia in una soluzione refrigerante (glicol) a -25°, che forma un piccolo ghiacciolo di fecce che viene espulso stappando la bottiglia grazie alla pressione interna.

E’ il momento del “remplisage” per colmare le bottiglie, visto che oltre alla bidule è stata espulsa una certa quantità di vino e stabilire il gusto finale con il “dosage”.

Si aggiunge allo champagne le “liqueur d’expédition” o de “dosage”(una miscela di zucchero di canna, lo stesso vino, vini vecchi e a volte Cognac), in quantità variabile a seconda del gusto che si vuole ottenere.La macchina riempitrice è isobarica. Se il dosage è fatto solo con lo stesso vino, avremo uno champagne pas dosé o dosage zero o brut zero.

In relazione al contenuto zuccherino si avranno le seguenti denominazioni:

brut zero           gr/l       0          brut nature         gr/l    0-3

extra brut          gr/l    3-6          brut                  gr/l    <15

extra dry           gr/l 12-20         sec – dry           gr/l 15-35

demi sec           gr/l 35-50         doux                 gr/l    >50

Quando non avviene l’aggiunta de la liqueur de expedition o dosage,lo Champagne prenderà il nome di “Pas dosè”. La bottiglia viene, quindi, tappata (bouchage) con il definitivo tappo di sughero assicurato dalla ben nota gabbietta di filo metallico (muselet). Dopo il “poignettage” (leggero scuotimento per dissolvere perfettamente le liqueur nella bottiglia) si procede al lavaggio e all’etichettatura (habillage). Le bottiglie vengono portate di nuovo in cantina affinché il vino si stabilizzi; le cantine, scavate profondamente nel sottosuolo di gesso, della Champagne sono ideali anche per quest’ultima fase della lavorazione, perché intesse vi è naturalmente una temperatura uniforme tutto l’anno, attorno agli 11/12°C, umidità costante, buio e totale assenza di vibrazioni: le migliori condizioni possibili per l’elaborazione, l’invecchiamento e la conservazione dello Champagne.

 

Tipologie di Champagne

Sans année: è un assemblaggio di vini (10/20) aventi caratteristiche diverse ai quali possono essere aggiunti anche vini di annate precedenti (non più del 30%), è quello che meglio rappresenta lo stile caratteristico e le qualità costanti di ogni “maison”.

Rosé: ottenuti o aggiungendo del vino rosso (da pinot noir) prima della seconda fermentazione o attraverso vinificazione in rosato da uve nere.

Blanc de blanc: solo da uve chardonnay.

Blanc de noir: solo da uve nere.

Crémant: è prodotto in modo da sviluppare meno anidride carbonica; durante il”tirage”, si aggiungono “solo” 16 gr di zucchero invece di 24, per ottenere una pressione interna di 3,5 atm; dal 31-8-1994, tale denominazione non può più essere usata per lo champagne.

Millésimé: prodotto solo in annate eccezionali e da vini della stessa annata,che deve essere riportata in etichetta.

Cuvée de Prestige: rappresenta il fiore all’occhiello di alcune case produttrici.

Coteaux champenois: è una denominazione ai vini tranquilli prodotti in champagne.

 

Scala volumetrica delle bottiglie

Nome  Capacità         Bottiglie

Split  (quarto)                0,187               1    flute

Mezza                          0,375                2    flutes

Bottiglia                        0,750                6-8  flutes

Magnum                       1,5                   2   bottiglie

Jeroboam                      3                     4   bottiglie

Rehoboam                    4,5                   6   bottiglie

Mathusalem                  6                      8   bottiglie

Salmanazar                   9                      12  bottiglie

Baltazar                        12                    16  bottiglie

Nabucodonosor            15                     20  bottiglie

Salomon                       18                    24  bottiglie

Primato                        21                    28  bottiglie

 

Indicazioni sull’etichetta

Sull’etichetta dello Champagne figura sempre la tipologia del produttore rappresentata da una sigla:

N.M. – Negotians Manipulants – questa sigla, rappresenta tutti i produttori che possono avere o non avere vigne proprie ma con l’obbligo di possedere una sola cantina d’imbottigliamento.

N.D. – Negociant Distributeur – commerciante che acquista champagne imbottigliato e l etichetta col proprio nome

R.M. – Recoltants Manipulants – con questa sigla, si identificano i contadini imprenditori, che producono champagne dalle proprie uve potendo acquistare solo il 5% da altri.

N.N.M. – Negotiants non Manipulants – si tratta di grossisti che comprano i loro Champagne dai produttori e lo distribuiscono con le proprie etichette.

M.A. – Marque Auxiliaries – questa sigla può rappresentare gli N.M., gli N.N.M., le cooperative o cantine sociali. Rende obbligatorio il nome del produttore, a meno che chi acquista lo Champagne non lo sbocchi personalmente.

C.M. – Cooperatives Manipulants – sono cooperative che spumantizzano con le uve dei soci.

N.A. – Negotiants Agree – questa rara sigla indica Champagne la cui etichetta è stata ottenuta per matrimonio.

R.D. – Recemment Degorgé – di recente sboccatura; Champagne di alta qualità, in genere millesimati, maturati in bottiglia per lungo tempo. Sono sboccati qualche mese prima dell’immissione a consumo. Il termine “R.D.” è stato brevettato dalla Bollinger, capofila di questo tipo di Champagne

R.C. – Recoltants Cooperatuer – si intende contadini che producono Champagne in cooperativa

S.R. – Societè de Recoltants – società di viticoltori che producono Champagne

 

Servizio

Il momento di servire uno Champagne rappresenta per il barman, come per il sommelier, l’occasione di essere più che mai protagonista, non solo per il gruppo di clienti cui tale servizio è destinato, ma sovente anche per i vicini, se non altro epr il “botto” o dall’aspettativa di esso, che inevitabilmente focalizza l’attenzione generale sull’officiante rito della stappatura.

Gli Champagne sono i vini più versatili che esistano, dall’aperitivo al dessert, senza essere mai escluso.

La bottiglia che deve essere servita va raffreddata per tempo e non bruscamente perché potrebbe rovinare il vino ( i francesi dicono che il vino si spezza se messo nel congelatore). Lo Champagne va servito freddo, ma non ghiacciato, ad una temperatura intorno ai 6° 8°C nel secchiello apposito con ghiaccio ed acqua. Il bicchiere più adatto è la flute, poiché la forma allungata valorizza i profumi e agevola la formazione del perlage.

Per stappare una bottiglia bisogna per prima cosa togliere la parte superiore della carta stagnola che ricopre il collo della bottiglia e poi la gabbietta (si possono anche eliminare assieme), mentre si effettua questa operazione è opportuno tenere sempre un dito sopra al tappo per evitare il pericolo che possa aprirsi all’improvviso. Bisognerà dunque con una mano impugnare la bottiglia e con l’altra il tappo, si ruoterà quindi  la bottiglia per agevolare la stappatura.

Se si dispone di una sciabola si può tentare un’apertura più originale dando un colpo secco di traverso, nel mezzo del collo della bottiglia, mirando alla linea di satura che la percorre verticale. Il vetro salta, lasciando fluire una piccola cascata briosa su un taglio perfettamente liscio.

Lo Champagne deve essere versato  tenendo la bottiglia per il fondo e mai per il collo. L’operazione deve essere fatta con la dovuta lentezza, per evitare che la spuma fuoriesca dal bicchiere ed in ogni caso il bicchiere non deve essere riempito per più di due terzi.

 

Glossario

Assemblaggio: miscela di vini per la produzione dello Champagne.

Aube: fiume affluente della Senna che dà il nome all’omonimo dipartimento a sud della Valle della Marna.

Bidule: cilindro di plastica fatto a “U” per raccogliere le fecce che si sono formate durante la rifermentazione.

CIVC: Comitè Interprofessionel du Vin de Champagne, comitato a tutela dello Champagne.

Coteaux Champenoise: Vino AOC (appellation d’origine controllée) prodotto nella regione dello Champagne.

Crayères (cave di gesso): risalgono all’epoca romana, sono utilizzate dai produttori come cantine, ove la temperatura è ideale,bassa e costante,tra i 10°e 11°C, con un’umidità costante del 70-90%; esse sono state dichiarate monumento nazionale. Attualmente si estendono sotto i vigneti oltre 200 km di gallerie destinate a cantine che raggiungono anche i 40 mt di profondità.

Cremant: vino spumante a bassa pressione, detto a mezza spuma, a 3,6 bar. Questo termine è ormai in disuso nella Champagne poiché è possibile utilizzarlo in altre zone.

Cru: vino proveniente da un unico vigneto di particolare vocazione.

Cuvée: partita ottenuta attraverso l’assemblaggio di vini diversi, tra loro complementari sotto il profilo compositivo e sensoriale, per raggiungere una certa caratterizzazione e persistenza nella personalità di un determinato Champagne.

Dom Pérignon: frate benedettino inventore della rifermentazione in bottiglia e della tecnica dell’assemblaggio. Nato a Sainte-Ménehould nel 1638, effettua i suoi studi  presso i gesuiti per poi prendere la via ecclesiastica, nel 1668 viene nominato cellario dell’abazia di Saint-Pierre ad Hautvillers. Morì nel 1715.

Fine de la Marne: brandy ottenuto dallo Champagne.

Fraçoise (Jean-Baptiste, 1792-1838): studiò a lungo la rottura delle bottiglie durante la rifermentazione a causa della pressione troppo forte per il vetro e riuscì a perfezionare il liqueur de tirage per eliminare questo problema capendo che la pressione è legata alla quantità di zuccheri aggiunti.

Gyropalette: Sistema Meccanico per effettuare il remuage. Sono dei grandi scaffali che contengono 504 bottiglie montati su giroscopi e pilotati da computer.

Liqueur de tirage:  miscela di vino, zucchero di canna e lieviti appositamente selezionati per dare il via alla seconda fermentazione.

Liqueur d’expedition: miscela segreta per ogni casa produttrice che viene aggiunta al termine della produzione dello Champagne, generalmente contiene zucchero, in percentuali diverse a seconda del tipo, vino della stessa annata o di quelle precedenti e talvolta cognac.

Marc de Champagne: distillato di ribeche, le fecce, ottenute dalla pigiatura delle uve per la produzione dello Champagne.

Millesimato: Champagne ottenuto da uve di un’unica vendemmia di annate particolari. L’anni viene riportato in etichetta.

Mise sur pointes: espressione che indica la posizione rovesciata che assume la bottiglia alla fine del remuage.

Perlage: fenomeno originato dalla liberazione dell’anidride carbonica all’interno dello spumante con formazione di bolle più o meno fini e più o meno concatenate.

Pupitres: speciali cavalletti in legno caratterizzati da particolari fori sagomati usati per il remuage.

Sabler le Champagne: espressione che si usa per bere lo champagne in un sorso solo, alla moda russa senza rompere il bicchiere.

Sciabolata: apertura della bottiglie tramite un colpo di sciabola che rompe il collo della bottiglia, con la pressione interna il vetro non entra a contatto con il vino.

 

 

ISTITUTO TALENTO

Fondato nel 1975 come Istituto Italiano Metodo Champenois, dai produttori Antinori, Carpené, Contratto, Ferrari, Gancia e La Versa, con lo scopo di promuovere e tutelare la spumantistica italiana di qualità. Il cambio di nome è avvenuto nel 1996, con la registrazione del marchio “Talento”, ideato per rappresentare in Italia lo spumante “Metodo Classico”, in quanto la menzione “Champenois” è consentita da quell’anno solo nel territorio francese. Fino al 2004 l’Istituto ne aveva l’uso esclusivo, quindi solo le aziende associate potevano fregiarsi della menzione “Talento” sulle proprie bottiglie di spumante. Con il decreto del 30 dicembre 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.12 del 17 gennaio 2005 “La menzione “Talento”, indicante una qualità superiore ai sensi del regolamento CE n.1493/1999, allegato VIII, sezione E, paragrafo 8, è riservata e protetta esclusivamente per la designazione e presentazione dei vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (V.S.Q.P.R.D.) e dei vini spumanti di qualità (V.S.Q.) italiani elaborati con il metodo classico.

METODO CHARMAT

Il metodo Charmat è un sistema di fermentazione in grandi recipienti. Le differenze fondamentali rispetto al metodo classico è nella rapidità del processo produttivo e che la presa di spuma avvenga in un’unica autoclave. Tutte queste operazioni, compreso l’imbottigliamento, avvengono in condizioni isobariche.

La normativa UE prevede che il tempo tra l’inizio della rifermentazione e la commercializzazione non possa essere inferiore ai 30 giorni.

Per i vini V.S.Q. e V.S.Q.P.R.D. la normativa UE prevede che la durata della loro permanenza sulle fecce non sia inferiore ad ottanta giorni (ridotti a trenta se l’autoclave è munito di agitatore) e che il periodo dell’inizio della rifermentazione e la loro commercializzazione non sia inferiore a 6 mesi.

Per la produzione di uno spumante particolarmente aromatico, dunque con un bouquet più ricco, con sentori dovuti al contatto con i lieviti, si può far maturare un periodo più lungo in loro presenza (ciclo a Charmat lungo).

Fu il casalese Federico Martinotti, direttore per l’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, ad inventare negli anni venti il metodo di rifermentazione controllata in grandi recipienti, poi adottato dal francese Charmat.

Il Metodo Martinotti permette di ottenere spumanti, spesso dolci, dalle caratteristiche note fruttate, per mezzo di recipienti a tenuta stagna tipo autoclave. Questo metodo ha trovato diffusione poiché risulta più veloce ed economico rispetto al metodo classico o metodo Champenoise.

Il francese Eugène Charmat intorno al 1910 costruì e brevettò tale attrezzatura, da qui il doppio nome, metodo Martinotti-Charmat. In sostanza il metodo prevede una seconda fermentazione del vino in grandi contenitori, di solito in acciaio, presurizzati, le autoclavi appunto. Questa la differenza principale dal metodo Champenoise in cui la fermentazione viene effettuata in bottiglia.

Questo metodo ha il pregio di diminuire i tempi e i costi della spumantizzazione, la seconda fermentazione avviene in grandi recipienti chiusi denominati autoclavi, simili a grandi silos, in acciaio e termocondizionabili, di capacità variabile da 10 a 1.000 e più ettolitri. Le tecniche utilizzate, le uve di provenienza e il tempo necessario al processo produttivo fanno sì che il metodo si distingua in Charmat corto e Charmat lungo. In entrambi i casi, si prevede innanzitutto l’aggiunta del liqueur de tirage al vino base, contenuto nelle autoclavi, per poi dare il via alla seconda fermentazione.

Utilizzando il metodo Charmat corto la presa di spuma dura circa due settimane e si svolge ad una temperatura di 14°-15°C, con formazione di pressione tra le 4 e le 5 atmosfere. Conclusa questa fase, lo spumante risulta secco e, per ottenere spumanti dal gusto più o meno dolce, si deve interrompere la fermentazione abbassando la temperatura: in questo modo, nel vino rimane la quantità di zuccheri residui necessaria a conferire la variabile di dolcezza desiderata. Al termine della fermentazione, l’autoclave viene refrigerata e il vino è sottoposto a filtrazione sterile. Quindi, esso viene travasato nell’autoclave d’imbottigliamento isobarico, dove non subisce perdite di pressione. L’intero procedimento del Charmat corto dura dalle tre alle sei settimane ed è utilizzato prevalentemente per gli spumanti aromatici, poichè la breve durata ne preserva le tipiche e naturali note fruttate e le caratteristiche di freschezza e fragranza. E’ questo il metodo con cui si producono l’Asti Spumante e il Prosecco.

Il metodo Charmat lungo, o metodo Cavezzani, è un sistema messo a punto tra il 1970 e il 1980 dall’enologo trentino Nereo Cavezzani. La base del sistema è il metodo Charmat ma, in questo caso, durante la fase fermentativa della durata di 30-40 giorni, il vino viene mescolato turri i giorni con agitatori ad elica che vengono inseriti nelle autoclavi. Gli agitatori entrano in funzione non solo durante la fermentazione, ma anche, almeno una volta alla settimana, nel periodo di maturazione che segue la presa di spuma. La loro funzione è di rimescolare ad intervalli stabili lo spumante: in questo modo si impedisce alle fecce di depositarsi sul fondo e, rimettendo in circolazione i lieviti esauriti, si facilita la formazione della fragranza del bouquet, tipica degli spumanti classici, i quali, in ogni caso, maturano sui lieviti per periodi più lunghi. Con il metodo Charmat lungo, la maturazione in autoclave ha una durata variabile da 6 a 12 mesi e lo spumante deve restare almeno 80 giorni sulle fecce. Usando questo metodo, è molto importante mantenere le basse temperature durante tutte le fasi di vinificazione, poichè è il freddo che consente di creare e mantenere un perlage molto fine e persistente. Un’altra caratteristica è l’impiego della filtrazione sterile a freddo, che consente di ottenere spumanti con note di freschezza e fr5agranza tali da poter competere, a parità di qualità delle uve, con quelli prodotti attraverso il metodo Classico. Al termine della maturazione lo spumante è filtrato, addizionato con il liqueur d’expédition ed imbottigliato isobaricamente: resterà in bottiglia per un periodo d’affinamento variabile tra i 6 e i 12 mesi. I diversi dosaggi di liqueur d’expédition o gli zuccheri residui determinano il grado di dolcezza. Tutti gli spumanti, ottenuti sia tramite metodo classico che Charmat, sono pronti per essere consumati quando escono dalle cantine della casa di produzione, come gli Champagne. Pertanto, non giova tenerli in cantina per periodi troppo lunghi, ed è preferibile conservarli non oltre l’anno. Ciò vale soprattutto nel caso degli spumanti aromatici, pena la perdita della caratteristica fragranza del bouquet.

 

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PROSECCO

 

Il prosecco di Valdobbiadene nasce da una tradizione antica che si è trasformata ed adattata nei secoli, attraverso l’evoluzione delle conoscenze tecniche fino ad arrivare al vino dei giorni nostri. Una storia codificata oggi nel Disciplinare, che regola la produzione delle uve e dei vini, fissando i principi-base in virtù dei quali un vino può fregiarsi della denominazione “Conegliano-Valdobbiadene”.

 

Cinque sono le regole fondamentali:

  • Le uve devono provenire da vigneti dell’area delimitata per legge, i quali devono essere iscritti all’Albo della Camera di Commercio
  • le varietà ammesse sono solo le uve di Prosecco e Verdiso (quest’ultimo per un massimo del 10%);
  • la vinificazione deve essere eseguita secondo le norme previste dal Disciplinare e può avvenire solo all’interno dei comuni della zona Doc. Per il Cartizze la vinificazione può avvenire solo all’interno del comune di Valdobbiadene;
  • l’imbottigliamento e la spumantizzazione possono essere eseguite solo nelle cantine della provincia di Treviso;
  • la commercializzazione può avvenire solo se ogni partita di vino, prima dell’imbottigliamento, ha superato l’esame organolettico eseguito dalla commissione di enologi della Camera di Commercio.

 

Cinque regole semplici ma molto precise pensate per garantire ai consumatori una origine certa ed una qualità eccellente che ogni produttore deve rispettare se vuole avvalersi della denominazione “Conegliano-Valdobbiadene”,.

La zona di produzione del “Prosecco di Conegliano – Valdobbiadene” comprende il territorio collinare dei comuni di Conegliano, S. Vendemmiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, Follina, Miane, Valdobbiadene, Vidor, Farra di Soligo, Pieve di Soligo, S. Pietro di Feletto, Refrontolo, Susegana. Se è ottenuto da uve raccolte nel territorio della frazione di S. Pietro di Barbozza, denominato Cartizze, del comune di Valdobbiadene, ha diritto alla sottospecificazione “Superiore di Cartizze”. La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino “Prosecco di Conegliano – Valdobbiadene” è di q.li 120 per ettaro di vigneto in coltura specializzata. La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al 70%. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino una gradazione alcolica complessiva minima naturale non inferiore a 9,5 gradi ed al vino con la sottospecificazione geografica “Superiore di Cartizze”, una gradazione alcolica complessiva minima naturale non inferiore a 10 gradi.

La denominazione è il traguardo finale di un percorso lungo ed attento, che inizia nel vigneto. Innanzi tutto dall’impianto delle viti, che deve avvenire con barbatelle selezionate, su terreni ben esposti e preparati affinché possano accogliere le giovani viti che, solo dopo 3-4 anni, sono in grado di dare i primi grappoli. E poi la potatura, che deve essere quella tradizionale. Un’operazione invernale eseguita da mani esperte, perché ogni vite, a seconda dell’età e del vigore, possa produrre il giusto numero di grappoli. In primavera, la concimazione, gli sfalci dell’erba, le cimature, le sfogliature e la legatura dei germogli per far sì che in ogni momento i grappoli siano arieggiati e soleggiati per maturare al meglio. Arrivata l’estate, i trattamenti contro i parassiti eseguiti, nelle zone più scoscese, anche con l’utilizzo dell’elicottero, che volteggia rumoroso tra i vigneti per distribuire, con scientifica precisione, il rame e lo zolfo, prodotti con i quali, ancora oggi, i viticoltori riescono a fronteggiare l’arrivo dell’oidio e della peronospora.

 

La vendemmia

Momento atteso con trepidazione, nel quale la soddisfazione per il lavoro eseguito va di pari passo con la paura, la preoccupazione che, all’ultimo momento una pioggia o una grandinata possano rovinare il lavoro di un anno.

Il Consorzio di tutela, a metà agosto, inizia a controllare la maturazione dell’uva, impartisce gli ultimi consigli ai produttori su sfogliature e diradamenti e, nel corso di una riunione pubblica alla quale partecipano i viticoltori, dà il via alla vendemmia per le diverse zone. Questo per fare in modo che le uve siano raccolte al momento ideale.

La pressatura

La pressatura ha luogo quando l’uva, vendemmiata a mano e raccolta nei diversi vigneti, viene portata in cantina, luogo nel quale iniziano le lavorazioni. Di queste la prima è la pressatura, un’operazione importante e molto delicata, che condiziona la qualità del vino-base. Questo intervento viene condotto utilizzando macchine molto sofisticate, che agiscono sugli acini in modo soffice, così da estrarre solo il mosto fiore che proviene dal cuore dell’acino.

Il disciplinare prevede che da 100 kg. di uva si possano ottenere al massimo 70 litri di vino. Dalle vinacce ancora umide si ottiene poi, per distillazione, la profumata e leggera grappa di “Prosecco”. Per questo, si può senz’altro dire, che nulla va sprecato.

La decantazione

Prevede che, dopo la pressatura il mosto torbido venga lasciato riposare a freddo (5-10°C) in vasche di acciaio. Trascorse circa 10-12 ore, la parte limpida del mosto viene separata dal deposito e avviata alla fermentazione.

La vinificazione

Avviene grazie ai fermenti naturali che, aggiunti al mosto, provocano la fermentazione alcoolica. La vinificazione si compie in vasche di acciaio ad una temperatura costante di 18~20o C e dura circa 15-20 giorni. Normalmente le uve provenienti da un singolo vigneto vengono vinificate insieme ed ogni cantina conserva le diverse partite separate. Dopo la fermentazione per il vino, già carico dei suoi profumi, inizia il periodo di maturazione: le basse temperature dei mesi di novembre e dicembre favoriscono la precipitazione dei depositi. Così lentamente il vino inizia ad illimpidire.

La presa di spuma

Avviene quando il vino-base si è illimpidito. Solo allora si procede alla spumantizzazione, operazione nella quale lo stile, il gusto e l’esperienza dell’enologo svolgono un ruolo decisivo. Le diverse partite di vino-base presenti in cantina, dopo un attento assaggio, vengono assemblate: i vini che fino a questo momento sono stati tenuti distinti per provenienza, epoca di vendemmia e caratteristiche organolettiche, vengono riuniti in proporzioni precise, tali da raggiungere un perfetto equilibrio fra tutte le componenti. Solo qualche rara partita (cru), che già in vigneto era apparsa dotata di un particolare stile o di un equilibrio perfetto, viene spumantizzata in purezza. Dopo questa operazione, il vino tranquillo, al quale sono stati aggiunti zucchero e fermenti naturali, viene messo in autoclavi (recipienti a tenuta di pressione) all’interno delle quali, lentamente, cominciano a svilupparsi le bollicine ed i caratteristici aromi che contraddistinguono il “Conegliano-Valdobbiadene”.

Verso la fine della presa di spuma, abbassando opportunamente la temperatura si fa in modo che la fermentazione si fermi, lasciando la quantità di zuccheri tale da garantire, per ogni vino, l’equilibrio e l’armonia desiderati. Conclusasi la fermentazione il vino, rimasto ancora per qualche tempo a riposare nei lieviti, viene imbottigliato.

L’imbottigliamento

Per l’imbottigliamento a seconda del tipo di vino vengono usate bottiglie diverse, la Renana o la Borgognona per il Tranquillo, la Champagnotta per il Frizzante e la classica Prosecco per lo Spumante, tutte di colore verde, che garantisce la protezione del vino dalla luce. Ogni bottiglia viene prima sciacquata e poi riempita, tappata con il classico tappo di sughero e vestita con l’etichetta. Le bottiglie vengono poi riposte in cantina al buio, dove riposano a temperature ed umidità costanti, permettendo in questo in modo al vino di maturare. Dopo 30-40 giorni il vino è pronto per essere spedito.

 

Tipologie e abbinamenti
Le diverse tipologie

Il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene DOC nasce da precise regole che ne garantiscono l’unicità e l’autenticità e da una tradizione che, pur adeguandosi ai cambiamenti avvenuti, ha conservato nel tempo un’identità precisa ed inconfondibile. Tranquillo, Frizzante o Spumante, il Prosecco DOC di Conegliano Valdobbiadene si riconosce per il colore paglierino leggero, per la moderata corposità, per l’esclusivo profumo fruttato e floreale. Ecco una breve descrizione delle caratteristiche dei diversi tipi di vino prodotti.

Prosecco DOC di Conegliano-Valdobbiadene Spumante

Il Prosecco Spumante esprime pienamente il suo carattere agile ed al tempo stesso energico ed è prodotto prevalentemente in due versioni, l’Extra Dry ed il Brut. Nella prima la rifermentazione si interrompe quando ancora rimane una piccola percentuale di zuccheri (12-20 gr/l) nella seconda è condotta quasi alla fine (15 gr/l massimo) in modo che lo Spumante diventi più secco e asciutto.

Brut
È il Prosecco più moderno ed ha un grande successo internazionale. Si caratterizza per profumi più ricchi di sentori di agrumi e di note vegetali, che si accompagnano con una piacevole nota di crosta di pane, unita ad una bella e viva energia gustativa. Il perlage fine, assicura la persistenza del sapore e la pulizia del palato, rendendolo a tavola, lo spumante per eccellenza. Da apprezzare servito a 7-9° C su antipasti di pesce e verdure anche elaborati, primi con frutti di mare e piatti di pesce al forno o, come è in uso nella zona di produzione, a tutto pasto.

Extra dry

È il Prosecco “classico”, la versione che combina l’aromaticità varietale con la sapidità esaltata dalle bollicine. Il colore è paglierino brillante ravvivato dal perlage.  L’aromaticità è fresca e ricca di profumi di frutta, mela, pera, con un sentore di agrumi che sfumano nel floreale. In bocca il vino è morbido e al tempo stesso asciutto grazie ad una acidità ben presente. Ottimo come aperitivo, è ideale servito ad 8-10° C, su minestre di legumi e frutti di mare, paste con delicati sughi di carne, formaggi freschi e carni bianche soprattutto pollame.

Il Prosecco di Valdobbiadene Superiore di Cartizze

È un perfetto suggello ai momenti belli della vita. Già il colore rimanda ad una maggiore intensità, che si manifesta con una complessità di profumi invitanti ed ampi, dalla mela alla pera, dall’albicocca agli agrumi, alla rosa, con una gradevole nota di mandorle glassate al retrogusto. Prodotto quasi esclusivamente nella versione Dry (residuo zuccherino 17-35 g/l), questo spumante si accompagna ai dolci della tradizione, dalla pasta frolla alle crostate di frutta e alle focacce.Ottimo non solo alla fine di ogni pranzo importante, ma per ogni brindisi augurale, per rendere più festosa ogni cerimonia.

Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Frizzante

È il Prosecco più facile ed immediato: nato per incontrare i giovani e per avvicinare il consumatore meno esperto.
Nella versione a rifermentazione in bottiglia (Sur lie) è l’autentico ambasciatore della tradizione del vignaiolo, un vino essenziale, asciutto, digeribile e leggero.

Nella fermentazione più diffusa, in autoclave, il Prosecco frizzante armonizza la fragranza dei profumi varietali dell’uva con il pizzicare delicato dell’anidride carbonica, in una unione che da grande freschezza. Il colore è il caratteristico paglierino, al naso l’aroma è ricco di sentori florali e fruttati con un prevalere di mela acerba e limone. Perfetto servito a 8-10° C, come aperitivo, su antipasti e primi non elaborati.

Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Tranquillo

È la versione meno conosciuta al di fuori della zona di produzione. Si ottiene dai vigneti più fitti e poco produttivi e da uve ben mature. La vinificazione prevede una breve macerazione a freddo sulle bucce dell’uva, in modo da arricchire il vino in aromi e struttura. Il colore è paglierino delicato, i profumi ricordano mela, pera, mandorla e miele di mille fiori. La struttura è soave e persistente, con un retrogusto talvolta gradevolmente amarognolo che lo rende più articolato e complesso. Anche se non è un vino da invecchiamento, lo si può apprezzare fino al secondo anno di vita. Va bevuto a 10-12° C su antipasti delicati di mare e di terra, ed in abbinamento con i bocconcini marinati della tradizione veneta.

 

MOSCATO D’ASTI

 

Il Moscato d’Asti è un vino da dessert prodotto in 52 Comuni delle province di Asti, Cuneo e Alessandria con uve moscato bianco in purezza. Viene fatto quasi esclusivamente da aziende di dimensioni medio piccole o da cantine cooperative che trasformano solamente le uve dei propri vigneti, il Moscato d’Asti ha raggiunto livelli qualitativi straordinari grazie alla diffusione della moderna tecnologia enologica, in particolare quella del freddo, che ha consentito di mantenere nel vino gli aromi ed i sapori del frutto e, nello stesso tempo, di stabilizzare il prodotto permettendone la conservazione ed il trasporto. Storia, tradizione, dedizione imprenditorialità geniale, applicazione e ricerca continua lo mantengono prezioso esaltandone le peculiari caratteristiche.

La denominazione di origine controllata e garantita “Asti” (unico disciplinare) è riservata a due vini:

  • “Asti” o “Asti spumante”, il vino spumante
  • “Moscato d’Asti”, il vino bianco non spumante

Il Consorzio dell’Asti tutela anche il Moscato d’Asti che, pertanto, è sottoposto agli stessi controlli da sempre messi in atto sull’Asti Spumante. Con la D.O.C.G., inoltre, molte aziende vitivinicole dirette produttrici si sono iscritte al Consorzio che ha costituito al suo interno suo interno il Consiglio del Moscato d’Asti al fine di tutelare il prodotto dalle imitazioni e per far crescere il livello qualitativo e valorizzare l’immagine, peraltro già alta, del prodotto.

Le prime notizie relative al Moscato in Piemonte risalgono al 1203, ma questo vino ricco e aromatico si mise in piena luce solo nel XVIII secolo, dopo che Giovan Battista Croce, gioielliere dei duchi di Savoia, ne perfezionò le difficili tecniche di viticultura e vinificazione. Il Moscato bianco cresceva particolarmente rigoglioso  sulle ripide e fresche colline delle Langhe, adagiate su entrambi i versanti della valle del Belbo intorno a Canelli, città da cui il vitigno prese il nome. Fu qui verso il 1870 che Carlo Gancia introdusse i metodi appresi nella Champagne diventando il padre dell’Asti spumante.

L’uva ammessa è esclusivamente Moscato bianco, viene pigiata utilizzando presse a polmone (pressione massima di 1,5 Bar) ed il mosto così ottenuto, ripulito dalle particelle solide in sospensione mediante defecazione statica, centrifugazioni e/o filtrazioni, viene refrigerato e mantenuto a 0°C gradi, per evitare l’inizio di fermentazioni indesiderate, fino all’utilizzo per la presa di spuma finale.

In tutto questo periodo, che può essere anche di 12 – 15 mesi, il mosto non deve fermentare quindi va controllato sistematicamente e appena si nota un incipiente fermentazione va rifiltrato e refrigerato per separare ed inattivare i lieviti indesiderati del mosto. Infine il mosto va fermentato e portato ai requisiti richiesti dal disciplinare di produzione. La tecnologia per la preparazione del Moscato d’Asti prevede: riscaldamento del mosto da 0° a 18°C, aggiunta di lieviti selezionati a bassa produzione di acetaldeide (odore di mela cotta) e conduzione della fermentazione a temperatura controllata variabile dai 18° ai 20°C. Quando il mosto vino arriva ai 4,5 – 5,5 gradi di alcool svolto si arresta la fermentazione alcolica mediante refrigerazione a – 3°C, si filtra e si procede all’imbottigliamento previa una ulteriore microfiltrazione sterilizzante. Quest’ultima si rende necessaria in quanto bastano pochi lieviti residui per dare origine a una rifermentazione del prodotto che porterebbe ad un intorbidamento del vino, alla modifica del sapore e in casi più gravi, alla rottura della bottiglia.

L’Asti spumante ed il Moscato d’Asti devono essere consumati giovani (possibilmente entro l’anno successivo alla vendemmia) al fine di apprezzare l’aroma del moscato nella sua completa intensità e tipicità.

L’elevata acidità, la temperatura elevata e l’esposizione alla luce sono infatti i fattori che rendono più veloci le normali trasformazioni della struttura chimica dei terpeni nel tempo.