Rum

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Il RUM

STORIA E LEGGENDA DI UN DISTILLATO CHE HA CONQUISTATO IL MONDO.

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Quando si parla di rum, immediatamente vengono in mente pirati, isole caraibiche, atmosfere esotiche, spiagge tropicali, cucina creola , salsa , reggae e calypso. E come pensare altrimenti, tutto questo fa parte di quello che è lo straordinario mondo del rum, un distillato che accomuna molti dei paesi caraibici, centro e sud americani unendoli insieme in un  immaginario “commonwealth della canna da zucchero”, una grande regione alla quale mancherebbe soltanto un’altrettanto immaginario “Ministro del Rum”  con incarico di  governare.

Ma tornando alla realtà andiamo a vedere quali sono le origini del rum.

Innanzitutto bisogna premettere che il rum è un prodotto derivato dalla canna da zucchero la quale non è però originaria dei Caraibi, ma è stata portata da Cristoforo Colombo nel 1493, in occasione del suo secondo viaggio nel “Nuovo Mondo” dalle Isole Canarie.

Il nome.

Sono molte le ipotesi sull’origine del termine rum, secondo alcuni il nome deriva da  “rumbullion”, che è un termine inglese, e in particolare un dialetto del Devonshire che significherebbe tumulto.Oppure potrebbe derivare  dal termine “roemer”, che si riferisce ad un bicchiere di grossa taglia usato dai marinai olandesi in viaggio verso le Antille.  Mentre c’è un’altra versione secondo la quale rum derivi da “saccharum officinarum” nome botanico della  canna da zucchero, e francamente  sembra  sia l’ipotesi più probabile anche se è praticamente impossibile asseverarne la veridicità.

E’ comunque alle Barbados che per la prima volta, intorno alla metà del  1600, si ha notizia dei  primi tentativi di distillazione del succo fermentato di canna da zucchero, ma il risultato non doveva essere dei migliori, tanto che il risultato fu una grezza bevanda alcolica che fu chiamata non a caso “kill-devil” .

Padre Jean-Baptiste Labat, missionario francese nell’isola della Martinica, sentì parlare di questa bevanda fortemente alcolica e si incuriosì, dopo averla provata la descrisse come un’intruglio forte e dal sapore sgradevole, sicuramente un lontano parente del rum dei giorni nostri.

La produzione

Pian piano la distillazione del rum si diffuse in tutti i Caraibi , Cuba, Barbados, Martinica, Giamaica, ogni isola aveva la sua produzione di rum, e ogni rum aveva le sue caratteristiche diverse tanto che quasi a significarne le differenze, nelle isole francesi prese la lettera H diventando “rhum”, mentre in quelle di lingua spagnola diventò “ron”.

Gli schiavi portati dall’Africa con il compito di provvedere alla raccolta della canna da zucchero consideravano il rum una bevanda quasi sacra, avevano appunto la convinzione che riuscisse a curare qualsiasi malattia o infezione nonché a  sconfiggere la stanchezza e infondere coraggio.

Anche i pirati erano della stessa idea, non c’era infatti occasione in cui non ne facessero uso , come disinfettante per le ferite, contro lo scorbuto, per guadagnare audacia nei combattimenti e durante le abbondanti libagioni che seguivano le battaglie vittoriose.

Sorprendentemente anche negli Stati Uniti, soprattutto nella zona del New England, la produzione di rum diventò l’industria  più importante di tutto lo stato. Tra i grandi estimatori del distillato c’era anche George Washington , il quale ordinò un barile del miglior rum per festeggiare la sua elezione a presidente .

La popolarità

Sicuramente Cuba ha giocato un ruolo importante nel dare al rum popolarità internazionale, basti pensare infatti che alcuni dei drink più popolari al mondo come  “Cuba Libre“, “Daiquiri”, “ Mary Pickford”, “Hemingway Special”, “Presidente” e “Mojito” hanno visto i natali  proprio nell’”Isla Grande”.

Il proibizionismo

L’inizio del Proibizionismo negli Stati Uniti ( 1920) segna una data importante per il rum e per Cuba, cominciano infatti i “wet week ends”, i fine settimana “ bagnati” durante i quali migliaia di americani si riversavano a Cuba per poter soddisfare la loro insaziabile sete . Il rum si consacra così il vero protagonista del bere miscelato. In una Avana dai grandi alberghi e dalle automobili americane, dei gangsters e degli attori hollywoodiani, degli avventurieri e delle miliardarie annoiate, che all’ora del cocktail si ritrovavano, fianco a fiancoa bere cocktail a base di rum, in  locali dai nomi affascinanti come “Dos Hermanos”, “Sloppy Joe’s”, “ Tropicana”, “Nacional”e “Jockey Club”.

Hemingway ha contribuito non poco alla popolarità del rum, grazie anche ai racconti nei suoi libri. Grande bevitore, era solito ingollare quantità industriali di “Daiquiri” e di “Mojito”, ha praticamente reso celebre sia il “Floridita”, che la “ Bodeguita del Medio” , famoso il suo detto . “ Mi Daiquiri en la Floridita, mi Mojito en la Bodeguita”. Al Floridita lo sgabello dove sedeva abitualmente, è a lui riservato permanentemente, ben protetto da una catena .

Il rum oggi.

Il rum è oggigiorno uno dei distillati più popolari, le mete turistiche caraibiche, centro e sud americane, da anni frequentate ormai da migliaia di turisti, hanno dato impulso alla sua notorietà , non è raro trovare in un qualsiasi bar una buona selezione di rum, fino a qualche anno fa cosa impensabile.

La categoria dei rum, oltre che per il metodo di distillazione, agricolo e industriale, fino a non molto tempo fa era suddivisa in rum chiari, ambrati e scuri. Attualmente una più moderna classificazione dei rum prevede diverse tipologie che si possono raggruppare in :

  • Rum Chiari : detti anche “light”, “white” “silver” o “blanco”, sono solitamente rum  invecchiati non più di un anno e spesso filtrati per togliere il colore leggermente ambrato che gli ha dato la permanenza in botte. E’ la categoria di rum più venduta al mondo.
  • Rum Ambrati : detti anche “gold”, “ambrè”o “oro”, sono rum invecchiati per un periodo che va da uno fino a tre anni.
  • Rum Scuri : detti anche “dark” o “black”, sono rum per la maggioranza provenienti dalla Giamaica o dalle Bermuda, si distinguono per l’invecchiamento in botti carbonizzate, per l’uso del “dunder”( residuo della precedente distillazione, contenente lieviti, batteri e acidi, che innesca la fermentazione, un po’ per come avviene con il “sour mash” nel whisky), e per il gusto marcato di melassa e caramello, che lo rende unico.
  • Rum Invecchiati, detti anche “premium” “aged”, “añejo” “vieux”, “viejo”, possono anche recare la dicitura “riserve” o “reserva”. Sono rum invecchiati e di particolare pregio che hanno avuto una lunga permanenza in botti che in precedenza hanno contenuto Bourbon, anche se questa non è una regola fissa e possono anche essere usate delle botti di quercia nuove.
  • Rum Over-Proof : rum che sono imbottigliati ad una gradazione superiore agli standard comuni di 40% di volume alcolico. La gradazione più comune è la 151 proof, che corrisponde a 75 gradi alcolici,e può raggiungere anche i 160 proof che corrispondono a ben 80% di volume alcolico. In Giamaica gli over-.proof vengono chiamati curiosamente “Jamaican wines”
  • Rum Spiced e Flavored : questi rum sono messi in infusione con frutta o spezie, solitamente di gradazione inferiore alla norma, ma non è una regola fissa, hanno conquistato una notevole popolarità sul mercato statunitense, in Italia sono quasi sconosciuti.
  • Naval Rum : Sebbene il termine “naval rum” ( o navy rum) non abbia nessuna classificazione ufficiale, è uno stile particolare di rum che si differenzia dagli altri per il colore scuro,  la sua alta gradazione alcolica e per la sua tanninicità. Per più di trecento anni la Marina Reale Britannica ha dispensato ai suoi marinai il “tot”, la razione giornaliera di rum. Non tutti i marinai sapevano  però gestire il loro “tot”, e  quindi a seguito di  incidenti, a volte anche mortali, dovuti allo stato di ubriachezza per consumo eccessivo, nel 1740 l’Amiraglio Vernon Vernon ordinò che la razione giornaliera di rum  venisse diluita con acqua e succo di lime nella misura di 2 a 1 e divisa in due, una al mattino e una  alla sera. La miscela, battezzata “grog” (dal soprannome che aveva l’Ammiraglio Vernon ) dai marinai, ebbe il duplice effetto di combattere l’ubriachezza e di essere allo stesso tempo un ottimo rimedio contro lo scorbuto. Questa antica tradizione della Marina reale Britannica che cominciò in Giamaica nel 1665, terminò nel 1970 quando l’Ammiragliato decise che nonc’era più spazio per una così antica così vecchia tradizione in una marina militare moderna, e così il  31 luglio dello stesso anno l’ultimo “tot” di rum fu bevuto a bordo di tutte le navi della“Royal Navy” .Quel giorno rimarrà nel ricordo di tutti i marinai come “Black Tot Day”. Si narra che in quell’occasione  anche ai più rudi e impassibili uomini di mare scappò una lacrima per la fine di una  così secolare tradizione, e che qualcuno  dopo il 31 luglio, non sopportando la perdita  addirittura preferì congedarsi.

Imbottigliamento e invecchiamento.

I rum vengono spesso miscelati (blended) prima dell’imbottigliamento e questo per armonizzare i vari rum tra di loro, per renderli più morbidi e per correggere le eventuali imperfezioni. Questo è dovuto al fatto che l’invecchiamento in un clima caldo e umido come quello dei Caraibi, può dare al distillato delle caratteristiche poco gradevoli così come una gradazione alcolica molto alta,  e quindi per riequilibrarli interviene la mano esperta del “master blender”. Il fattore climatico è di non poca importanza, bisogna ricordare infatti che un anno d’invecchiamento in un clima tropicale e equivale a tre anni di invecchiamento in un clima freddo come quello scozzese ad esempio, e di questo il “master blender” deve sempre tenerne conto prima della fase di imbottigliamento, senza dimenticare che l’evaporazione, la “parte degli angeli”, puo’  raggiunge la ragguardevole cifra del 10% annuo, rispetto a quella del whisky o del Cognac che si attesta intorno al 2%, per questo motivo in molti paesi i produttori ritengono che sia controproducente invecchiare i rum per più di 8 anni. Sono infatti limitate le quantità di rum destinate ad un lungo invecchiamento, la stragrande maggioranza della produzione di rum mondiale è immessa sul mercato come “white” ( “blanco” “plata” o “silver”).

In alcuni paesi la data di invecchiamento si riferisce al rum più giovane presente nella bottiglia, mentre in altri è il più vecchio.

Blanco, scuro, silver, gold, over-proof, agricolo o industriale il rum è indubbiamente uno dei distillati più popolari del momento, ma quale è il migliore ? Qual è il più buono? Impossibile dare una risposta, ma a titolo di curiosità cito un aneddoto di uno scrittore  statunitense, il quale recatosi nell’isola di Trinidad per scrivere un articolo sul rum, appena arrivato al controllo passaporti, l’agente gli chiese il motivo della sua visita. Alla risposta : “Sono qui per scrivere un’articolo sul rum”, l’agente sorrise compiaciuto e disse: “A lei piace il rum?”, “Sì! E visto che ci siamo posso chiedergli secondo lei qual è il miglior rum di Trinidad?” L’agente rispose senza esitazioni : “Quello che andrà a finire nel mio bicchiere!”.

A.I.B.E.S.

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L’Inizio… 

 

Nell’immediato dopoguerra, accantonate in parte le preoccupazioni, l’Italia può riscoprire i piaceri di ogni giorno. In questo clima, l’AIBES, Associazione Italiana Barmen e Sostenitori, viene fondata il 21 settembre 1949, per iniziativa del conte Antonio Spalletti Trivelli, possidente. 

L’iniziativa del conte è condivisa da altre nove persone:

  • Giorgio Tremi, ingegnere e cavaliere del lavoro 
  • Cesare Ponti, banchiere 
  • Enrico De Adria, antiquario 
  • Max Imbert, antiquario 
  • Rigoletto Benedetti, barman 
  • Giovanni Belloni, commerciante e pittore 
  • Federico Pariani, ingegnere 
  • Max Origoni, industriale 
  • Pietro Grandi; commendatore e direttore d’albergo 

Un barman, quindi, ed un albergatore, ma ben otto estranei all’ambiente del pubblico esercizio fra i suoi fondatori. L’AIBES, nella storia, è l’unica associazione di categoria voluta e promossa dai suoi clienti, più che dai facenti parte. Infatti il primo presidente dell’associazione, il promotore Antonio Spalletti Trivelli, ben presto cede l’incarico a Pietro Grandi, rimanendo però Presidente Onorario. I Presidenti dell’A.I.B.E.S., dalla fondazione, sono stati: Pietro Grandi, Angelo Zola, Stefano Preti, ancora Angelo Zola, Luigi Parenti, Umberto Caselli, Giuseppe Diani, Ferruccio Bocus, Camillo Bosco, Giorgio Fadda fino all’attuale Presidente Andrea G. Pieri.

 
La prima sede dell’A.I.B.E.S. fu l’Albergo dei Cavalieri, in Piazza Missori, 1 a Milano. Nel 1968 si trasferisce in Via A. Baldissera, 2 (sede propria), l’inaugurazione avvenne il 12 Novembre. Alla prima lettera, spedita il 17 Novembre 1949 nei bar più prestigiosi d’Italia, risposero 29 barmen professionisti che si erano distinti per la serietà con la quale svolgevano il loro lavoro. E quei 29 barmen furono il nucleo originario dell’AIBES. 
 
Oggi, e questo è un dato che fa capire la crescita dell’associazione, i soci sono circa 3.100. L’A.I.B.E.S. è altresì membro fondatore dell’Associazione Internazionale dei Barmen. Tale associazione che, in ossequio alla diffusione della lingua Inglese, verrà sempre denominata con la sigla I.B.A. (Intenational Bartenders Association), fu costituita a Torquay, cittadina della costa meridionale Inglese, il 24 Febbraio 1951. Per diversi anni AIBES ne ha retto la Presidenza con i carismatici: Pietro Grandi, Angelo Zola, Stefano Preti, Umberto Caselli, e dall’Ottobre 2005 Derrick Lee dell’A.B.S. (Singapore) è l’attuale Presidente, mentre il nostro Umberto Caselli, con grande onorificenza, è stato nominato Presidente Onorario I.B.A. 
 
Dalla fondazione ad oggi, l’attività dell’Associazione Italiana è proseguita con successo. Accanto ai soci effettivi sono aumentati anche i Soci Sostenitori ed Onorari. Anni di storia riassunti in poche righe: un’impresa ardua, ma nello stesso tempo facile; perché in questo mezzo secolo l’A.I.B.E.S. ha conservato intatta, senza il minimo mutamento la politica fissata dallo statuto del 1949: quella volta alla tutela e all’insegnamento della professione, affinché un barman A.I.B.E.S. sia in ogni caso giudicato un professionista inappuntabile.

IL SIGARO

LA STORIA.

Si suppone che il tabacco fosse già coltivato dalle popolazioni Maya dell’ America centrale i quali contribuirono alla sua diffusione sia nell’America settentrionale che meridionale.Quando Cristoforo Colombo sbarcò a Cuba nel 1492, non diede il giusto peso al rituale indigeno dove, in occasioni di cerimonie religiose, il sacerdote (BEICHE) aspirava il fumo grigio emesso da foglie arrotolate o inalate attraverso uno strano strumento chiamato“Tabaco”.

Quelle foglie appartenevano a un pianta che gli indigeni Taino chiamavano Cohiba o Cojoba, oggi conosciuta col nome di tabacco. ( Nicotiana Tabaccum ).Il termine sigaro deriva da Sikar che nella lingua Maya significa fumare. Il primordiale sigaro fu importato dagli Spagnoli al seguito di Colombo e fu argomento di discussione fra proibizionisti e libertari. I fumatori furono torturati e incarcerati dalle autorità che consideravano il fumo un frutto demoniaco, pericoloso e devastante per le genti. Furono le stesse autorità, alcuni anni dopo, a legalizzare il fumo trovandolo essi stessi inebriante e piacevole. Si suppone che la pianta del tabacco sia stata coltivata per la prima volta, in Europa , nel giardino reale di Lisbona nel 1558. Simbolo di ricchezza si diffuse in Francia grazie all’ ambasciatore francese in Portogallo JeanNicot nel 1560. (da qui la pianta prese il nome) Fu presa in grande considerazione per le sue supposte virtù medicinali e posta sotto il patrocinio della Regina Caterina Dei Medici , prendendo il nome di “erba della Regina. Fu più o meno nello stesso periodo che fece la sua comparsa in Italia ad opera del Cardinale Prospero di Santa Croce,Nunzio Pontificio a Lisbona, conosciuta con il nome il nome di“erba santa”. Nel 1580 raggiunse la Turchia che ne propagò la conoscenza a Cina, Corea e Giappone. L’ingresso in Africa avvenne attraverso il Marocco nel 1593. I libri di storia riportano il 1661 come data di nascita del primo monopolio del tabacco ( o privativa ) introdotto in Francia dal Ministro delle finanze Colbert.Ma la tassa sul tabacco fu inventata da Papa Alessadro VII creando la privativa sul tabacco con i chirografi del 21 agosto e del 15 dicembre 1655.Nel nord America le prime piantagioni di tabacco apparvero nel 1612 in Virginia e nel 1631 nel Maryland, ma veniva gia fumato, nelle pipe, dai coloni Europei nelle Americhe.Si fa risalire al 1762 la comparsa del sigaro, in quell’area, data in cui il Generale Israel Putnam rientrò da Cuba nella sua abitazione nel Connecticut con un vasto assortimento di sigari avana.In seguito fu nella regione di Hartford che sorsero alcune manifatture di sigari e si fecero i primi tentativi di produrre tabacco coltivando semi Cubani.Nel 1820 iniziò nel Connecticut, la produzione delle foglie da fascia per i sigari, attualmente una delle migliori dopo Cuba. Nel resto d’ Europa, l’usanza di fumare il sigaro, si diffuse partendo dalla Spagna e precisamente Siviglia, dove nel 1717 si diede inizio alla fabbricazione di sigari con tabacco Cubano.A fine 1700 la produzione di sigari si era estesa con piccole manifatture in Francia e Germania, la produzione in Gran Bretagna iniziò nel 1820 e nell’ anno successivo fu necessaria una legge parlamentare per regolamentarne la produzione e una nuova imposta designava i sigari di importazione un bene di lusso.Emerse in Europa, nonostante i costi, una grande richiesta di sigari di qualità.Re Ferdinando VII di Spagna nel 1821 , per decreto, incentivava la produzione di sigari Cubani allora monopolio Spagnolo. La diffusione del fumo tra i gentiluomini Europei portò ad un radicale cambiamento degli usi e costumi. Ai treni vennero aggiunte speciali carrozze fumatori, negli alberghi di lusso si allestirono sale apposite dove i signori si appartavano per bere un cognac e fumare un sigaro, lontano dalle rispettive Dame. Anche l’abbigliamento fu influenzato da questa moda con la introduzione dell’abito da sera, ancora oggi usato e chiamato “Smoking. I soldati Mussulmani di Ibraim Pascià all’ assedio di San Giovanni Diacri nel 1832 , cominciarono ad infilare un poco di tabacco nei cilindretti di carta in cui conservavano la polvere da sparo e ad accenderli. Inventarono così la sigaretta che arrivò in Italia nel 1857 al rientro dei reduci della spedizione in Crimea. Rapidamente si diffuse in tutta Europa la moda della sigaretta. Verso la metà del XIX , esistevano a Cuba 9500 piantagioni e 1300 fabbriche, il sigaro era già ritenuto un simbolo nazionale. Ma l’eccessivo numero di marche e moduli creava una gran confusione sia sui mercati interni e soprattutto per quelli esteri, si decise così nel 1857 di effettuarne la differenziazione .Nello stesso periodo alcuni produttori di sigari emigrarono in USA e in seguito vi fondarono delle industrie manifatturiere, negli anni successivi ci furono emigrazioni di coltivatori verso gli stati del Messico, Honduras, Venezuela, e Repubblica Domenicana.Nei recenti anni 50 , i sigari erano per Cuba e il Presidente Castro una delle maggiori entrate, ne venivano esportati circa 250 milioni di pezzi all’anno, solamente l’Americana Tobacco Trust ne importava 291 marche.Nel 1960 l’ industria dei sigari (gran parte di proprietà Americana) venne nazionalizzata e nacque il monopolio Cubano “Cubatabaco” .Molti proprietari fuggirono all’estero portando con sé l’esperienza e aprendo manifatture con gli stessi marchi Cubani.Nel 1962 il Presidente Americano J.F. Kennedy firmò l’embargo contro Cuba, ma non prima di essersi assicurato una fornitura di 11500 Petit Hupmann. Agli inizi degli anni 60 il numero di marche passò a 40 , dalle 960 esistenti . È nel 1979 che i Cubani razionalizzarono le marche e standardizzarono le misure, scartarono le marche minori portandole in totale a 31 , aumentate negli ultimi anni a 35.Per rendere più capillare l’esportazione e la distribuzione dei sigari, nel 1994 venne fondata la Habanos s.a. con una propria rete di vendita rappresentata da boutique del sigaro denominata “Casa del Habanos “ .

Firenze Agosto 1815 , venne lasciato all’aperto un intero raccolto di tabacco che serviva a pagare un pegno al Granduca di Toscana, la pioggia improvvisa bagnò completamente il carico. Il responsabile, sconvolto accatastò le foglie al sole per farle asciugare e in seguito ne avrebbe ricavato dei sigarini che avrebbe venduto per pochi soldi.Quei sigari confezionati con foglie fermentate andarono a ruba. Fu per caso che nacque il TOSCANO.

Preparazione delle terre

Le radici delle piante del tabacco sono delicate e richiedono un terreno soffice per attecchire. Così durante il torrido estivo il veguero deve arare i suoi campi più volte. Questo aiuta anche a trasformare la vegetazione in un naturale concime nutriente per la terra.

 

Dai semi ai germogli

Per assicurare il migliore inizio al raccolto, i semi sono distribuiti gratuitamente dalla Tobacco Research Stations ai vegueros. Quarantacinque giorni circa dopo la semina, quando i germogli raggiungono un altezza di 15-20 cm sono pronti per essere raccolti.

Crescita del Tabacco

E’ circa meta ottobre quando le pianticelle sono ripiantate nei campi che le nutriranno per almeno 45-50 giorni tempo necessario per raggiungere una competa maturazione. Ogni pianta deve essere controllata continuamente, curata contro parassiti e pulita dai fiori ed erbacce per convogliare tutta la energia sulle foglie.

Corojo

Le piante di corojo forniscono le foglie per il rivestimento dei sigari e richiedono un trattamento molto speciale. Devono essere protette dalla luce diretta del sole con teli di cotone per renderle setose lisce e sottili.

Criollo

Le piante di criollo sono invece esposte direttamente al sole per conferirgli la maggiore intensità di aromi e forza a seconda delle varietà di tabacco richiesta per il corpo degli Havana.

Raccolto

A gennaio cinquanta giorni dopo essere state piantate, comincia la raccolta delle foglie di tabacco. Vengono raccolte manualmente 2-3 foglie per pianta cominciando dallo strato più basso ripetendo l’operazione 5-6 volte a distanza di una settimana tra ogni raccolta, tempo necessario per raggiungere la completa maturazione dei livelli più alti. 

Essiccazione

Le foglie cucite a 2 a 2 vengono appese su assicelle e lasciate riposare per almeno 50 giorni ad un tasso di umidità e temperatura controllata. Le foglie cominciano a ingiallire per poi ossidarsi assumendo una tonalità bruno-dorata. Quando anche il gambo sarà essiccato il processo sarà concluso.

Prima fermentazione

Le foglie impacchettate in gavillas (fasci) e portate alla casa di fermentazione. Qui disposte in piloni di un metro cominciano la loro maturazione ad una umidità e temperatura controllata per 30 giorni per uniformare il colore e ridurre la presenza di resine.

Classificazione

Prima di essere maneggiate le foglie vengono inumidite con acqua vaporizzata per renderle più elastiche prima di classificarle per colore, dimensioni, tipo e struttura.

Seconda fermentazione

Le foglie già classificate sono reimpacchettate e ammassate in pile di base quadrata (burros) dove grazie alla combinazione dell’umidità e temperatura (42°C) aumentano il loro aroma e profumo e eliminano le ultime impurità. Il processo dura 60 giorni.

Areazione

Dopo il rigore delle seconda fermentazione le foglie devono essere lasciate riposare e areare per pochi giorni per perdere l’eccesso di umidità. Sono poi impacchettate in balle di Yagua (tercios).

Stagionatura

Le tercios sono lasciate stagionare in magazzino per affinare l’aroma e il sapore ulteriormente. Resteranno qui fino a quando non saranno richieste dalle fabbriche dei sigari.

Preparazione del tabacco

All’arrivo dalla Vuelta Abajo le tercios sono sconfezionate e i cinque tipi di foglie trattate differentemente prima di andare nelle Galera dove verranno rollate.

Wrapper

La natura delicata richiede particolari attenzioni per restituire la giusta vellutatezza. Vengono ulteriormente classificate e dopo essere state riumidificate e lasciate riposare per uniformarne l’umidità per un giorno, scostolate e divise in due dai Despalilladoras. I Rezagadoras dividono quindi le foglie in pile per dimensioni, colori e struttura per mandarle finalmente nella Galera.

Filler & Binders

Queste foglie non necessitano di essere umidificate. La stagionatura dei 4 tipi di foglia richiede un differente periodo di tempo. Per esempio, il ligero(forte e intenso) richiede più di 2 anni per maturare, mentre per il più leggero volado è sufficiente un anno. L’avanzamento dello stato di maturazione viene costantemente monitorato. Quando hanno raggiunto la perfetta maturazione possono andare alla Liga dove vengono preparate le giuste miscele per creare le varie vitola.
Le miscele di tabacco accuratamente pesate devono creare 50 sigari.

La costruzione dei sigari

La “Galera” è il cuore di ogni fabbrica di sigari. E’ qui che i Torcedores, divisi in base alla loro abilità, creano le diverse marche e misure. I loro unici strumenti sono una tavola di legno, una lama affilata chiamata Chaveta, una ghigliottina, un vaso di colla naturale vegetale e, soprattutto, le loro dita. La produzione media giornaliera di ogni “Torcedor” è di 120 sigari.

 

Controllo di qualità

Campioni del lavoro di ogni “Torcedor” divisi in fascette da cinquanta sigari sono rimossi regolarmente dalla squadra controllo qualità e controllati per lunghezza, formato, aspetto e, soprattutto, peso. Se le severe tolleranze non sono rispettate i sigari vengono rifiutati, cosa molto seria per i “Torcedores” che vengono pagati a pezzo prodotto.

Stanza condizionata

I fasci di 50 sigari (bundles) vengono portati nei locali di condizionamento, riposte su assi di cedro cubano e lasciate da 3 settimane a parecchi mesi. Qui alle condizioni ideali di 18-20°C e 70-75% di umidità relativa perdono l’eccesso di umidità resa necessaria per la lavorazione.

Gradazioni di colore

I sigari vengono ora divisi per tonalità di colore per garantire una perfetta presentazione degli Havana. Gli Escogedor li distinguono prima in ben 65 gradazioni per poi riporle in scatole rigorosamente in cedro.

Banding

L’Anilladora prende i sigari dalle grosse scatole per rivestirli con la fascetta di identificazione che completa il sigaro conferendogli la sua eleganza. Questa operazione è ad appannaggio delle donne avendo più delicatezza e precisione.

LE FAMIGLIE

I sigari si possono suddividere a seconda delle dimensioni e della forma. Grandi, Medi e Piccoli diametri (ring gauge) sono le tre famiglie principali, individuate in base alla misura del diametro: 52-46 inches i Grandi, 45-40 inches i Medi, 39-26 inches i Piccoli. Ogni famiglia comprende sigari di forma regolare, cioè perfettamente cilindrica per tutta la lunghezza del sigaro, o leggermente squadrata tanto da farlo sembrare a sezione quadrata. Per esempio ricordiamo i Gran Coronas, i Double Coronas tra i sigari Grandi di forma regolare; i Coronas Gordas, i Panatelas, i Coronas, i Robustos tra i sigari regolari Medi; i Petit-Coronas e i Mini Panatelas tra i sigari regolari Piccoli. Ogni famiglia, inoltre, può comprendere sigari di forma irregolare, i famosi figurados, che presentano sezioni diverse lungo l’asse del sigaro stesso. Un esempio tipico di figurado è il sigaro che viene raffigurato in tutte le vignette o nei cartoni animati, per intenderci quello di gambadilegno, o quello in bocca di Bibendum, il famoso omino della Michelin. Questa è la famiglia di gran lunga più presente alla fantasia di tutti noi: basti pensare che perfino nel gerco aeronautico, quado si vuole caratterizzare un particolare tipo di motore di alcuni tra i jet più famosi ai nostri giorni (i Boeing B747 serie 100 e 200 ovvero tutte le serie dei McDonnel-Douglas DC9), si definisce la sua forma “a sigaro”, e si tratta di un sigaro figurado. Tra questi ricordiamo le seguenti sottofamiglie: i Perfectos, i Piramides o Torpedos, i Campanas e i Culebras (tre sigari avvolti “a treccia”). A ogni famiglia appartengono diverse vitolas, ovvero sigari di determinate dimensioni e forme.

 

Le vitolas

Con il termine cubano vitola si identifica ogni sigaro di una determinata lunghezza (o largo, espressa in millimetri o in inches) e diametro (o grueso, espresso in 64-esimi di inch). La misura del diametro, cui si dà internazionalmente il nome di ring gauge, in pratica corrisponde alla misura che esprime la fascetta arrotolata o anilla che contraddistingue la marca. Un esempio: un sigaro Double Corona della marca Hoyo de Monterrey appartiene alla vitola “Prominente”, cioè è un sigaro lungo 75/8 inches (19,4 cm) con un ring gauge di 49 (49/64 di inch, vale a dire 19,45 mm). Elenchiamo di seguito le principali vitolas (naturalmente non sono tutte) attualmente presenti sul mercato dei sigari in genere e dei cubani, i famosi habanos, in particolare. Ogni vitola è contrassegnata dal nome originale (apellido de galera) con cui ogni fabbrica produttrice di habanos identifica i propri prodotti. La lunghezza, per rendere più agile la consultazione, è espressa in centimetri anzichè in millimetri. Sarebbe bene che l’apprendista fumatore li imparasse a perfezione per entrare in immediata sintonia con il magico mondo del sigaro.

 

Gran Corona Lunghezza: 23,5 vm (91/4 inches).
Ring gauge: (18,65 mm).
Sono sigari di maggior lunghezza attualmente in produzione.
In passato ne sono esistiti di più lunghi, i Diademas, ora veri e propri reperti storici di collezioni private appartenenti a grandi intenditori.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Montecristo A;
Romeo y Julieta Fabulosos;
Sancho Panza Sanchos.
Prominente Lunghezza: 19,4 cm (75/8 inches).
Ring gauge: 49 (19,45 mm).
Vitola conosciuta anche come Double Coronas.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Hoyo de Monterrey Double Coronas;
Partagas Lusitanias;
H. UpMann Double Coronas;
Punch Double Coronas;
Ramon Allones Gigantes;
Vegas Robaina Don Alejandro.
Julieta Lunghezza: 17,8 cm (7 inches).
Ring gauge: 47 (18,65 mm).
Vitola nota anche come Churchill.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas Churchill De Lux;
H. UpMann Sir Winston e Monarcs;
Punch Churchills;
Sancho Panza Corona Gigantes;
El Rey del Mundo Tainos;
La Gloria Cubana Tainos;
Quai d’Orsay Imperiales;
Cohiba Esplendidos;
Romeo y Julieta Churchills e Prince of Wales;
Bolivar Churchills e Corona Gigantes;
Flor De Cano Diademas;
Hoyo de Monterrey Churchills.
Piramide Lunghezza: 15,6 cm (61/8 inches).
Ring gauge: 52 (20,64 mm).
Vitola conosciuta anche come Torpedo.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
H. UpMann No. 2;
Montecristo No. 2
Diplomaticos No. 2
Vegas Robaina Unicos.
Corona Gorda Lunghezza: 14,3 cm (55/8 inches).
Ring gauge: 46 (18,26 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
H. UpMann Magnum 46;
Punch Punch-Punch, Black Prince e Super Selection No. 2
Juan Lopez No. 1
El Rey del Mundo Gran Coronas;
Quay d’Orsay Gran Coronas;
Cohiba Siglo IV;
Romeo y Julieta Exibition No. 3
Hoyo de Monterrey Epicure No. 1.
Campana Lunghezza: 14 cm (51/2 inches).
Ring gauge: 52 (20,64 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Bolivar Belicosos Finos;
Romeo y Julieta Belicosos;
Sancho Panza Belicosos.

 

 

 

 

 

 

 

Perfecto Esiste in varie vitolar, tutte con lo stesso shape.
Come già detto, la forma di questi sigari ricorda il sigaro dei fumetti, quello che troviamo su antiche illustrazioni della Michelin, la nota casa di pneumatici da strada, in cui Bibendum, l’omino tutto gomfio di aria e vestito con fasce bianche ha in mano un sigaro e corre.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas Presidente;
Fonseca Invictos;
Cuaba Exclusivos;
Cuaba Generosos;
Cuaba Tradicionales;
Cuaba Divinos.
Hermoso No. 4
Lunghezza: 12,7 cm (5 inches).
Ring gauge: 48 (19,05 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Romeo y Julieta Exibition No. 4
Robusto Lunghezza: 12,4 cm (51/2 inches).
Ring gauge: 50 (19,05 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Vegas Robaina Famosos;
Boliver Royal Coronas;
Ramon Allones Specially Selected;
Juan Lopezs No. 2;
El Rey del Mundo Choix Supreme;
Cohiba Robusto;
Partagas Serie D No. 4
Hoyo de Monterrey Epicure No. 2.
Dalia Lunghezza: 17 cm (63/4 inches).
Ring gauge: 43 (17,07 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMRCIO
Cohiba Siglo V;
Partagas 898 cofanetto lucido;
Ramon Allones 898;
La Gloria Cubana Medaille d’Or No. 2.
Cervante Lunghezza: 16,5 cm (61/2 inches).
Ring gauge: 42 (16,67 mm).
Vitola nota come Lonsdale.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Vegas Robaina Clasicos;
Montecristo No. 1
Diplomaticos No. 1
Romeo y Julieta Cedros No. 1
Bolivar Gold Medal;
Sancho Panza Molinos;
Fonseca No. 1.
Corona Grande Lunghezza: 15,5 cm (61/8 inches).
Ring gauge: 42 (16,67 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas 898 cofanetto opaco;
Montecristo Tubos;
Cohiba Siglo III;
Romeo y Julieta Corona Grandes;
La Gloria Cubana Sabrosos;
Hoyo de Monterrey Les Hoyos des Dieux.
Corona Lunghezza: 14,2 cm (51/2 inches).
Ring gauge: 42 (16,67 mm).
Senza dubbio la vitola più diffusa fra tutte le marche di sigari cubani.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Vegas Robaina Familiares;
Partagas Coronas;
Montecristo No. 3;
Diplomaticos No. 3;
Romeo y Julieta Coronas, Cedro No. 2 e Tubo No. 1
Hoyo de Monterrey Le Hoyo du Roi e Coronas
Bolivar Coronas e Tubos No. 1
Punch Royal Coronation e Coronas;
H. Upmann Coronas;
Ramon Allones Coronas;
Rey del Mundo Coronas.
Mereva Lunghezza: 12,9 cm (5 inches).
Ring gauge: 42 (16,67 mm).
Si tratta di un’altra vitola molto diffusa in tutte
le marche di sigari cubani.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas Petit Coronas;
Montecristo No. 4 e Petit Tubos;
Diplomaticos No. 4;
Romeo y Julieta Petit Coronas, Cedro No. 3 e Tubo No. 2;
Hoyo de Monterrey Short Hoyo Coronas;
Bolivar Petit Coronas e Tubos No. 2;
Punch Coronation e Petit Coronas;
H. UpMann Petit Coronas;
Ramon Allones Petit Coronas;
Rey del Mundo Petit Coronas;
Rafael Gonzales Petit Coronas.

 

 

 

 

 

Londres Lunghezza: 12,6 cm (47/8 inches).
Ring gauge: 40 (15,87 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas Royales;
Bolivar Bonitas.
Minuto Lunghezza: 11 cm (43/8 inches).
Ring gauge: 42 (16,67 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Partagas Shorts;
Bolivar Coronas Junior;
Ramon Allones Small Club Coronas;
Punch Tres Petit Coronas.
Perla Lunghezza: 10,2 cm (4 inches).
Ring gauge: 40 (15,87 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Punch Petit Punch;
Montecristo No. 5
Diplomaticos No. 5
Cohiba Sigloi I;
Romeo y Julieta Petit Princess.
Laguito No. 1 Lunghezza: 19,2 cm (71/2 inches).
Ring gauge: 38 (15,08 mm).
E’ il sigaro ideato da Fidel Castro e Che Guevara.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Montecristo Especiales;
Diplomaticos No. 6;
Cohiba Lanceros;
Vegueros Seleccion Especial;
Rey del Mundo Grandes de Espana.
A questa vitola appartiene il Trinidad prodotto nella fabbrica dei Cohiba esclusivamente per il presidente Castro, che ne fa dono agli amici e ai diplomatici. Il 20 Febbraio 1998 è stato lanciato sul mercato come prodotto commerciale e dal 21 febbraio 1998 il “mito” è in vendita in serie estremamente limitata presso i negozi La Casa Del Habano, con una leggera modifica al diametro:
un ring gauge di 40 anzichè di 38.

 

 

 

Ninfas Lunghezza: 17,8 cm (7 inches).
Ring gauge: 33 (13,10 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Punch Panatelas Grandes e Ninfas;
Bolivar Palmas;
H. UpMann Seleccion Suprema 23.
Laguito No. 2 Lunghezza: 15,2 cm (6 inches).
Ring gauge: 38 (15,08 mm).
E’ il sigaro più fumato dagli esponenti di governo cubani.
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Montecristo Especiales No. 2
Diplomaticos No. 7
Cohiba Corona Especiales;
Siboney Especiales;
Hoyo de Monterrey Le Hoyo du Dauphin;
Vegueros Seleccion Especial No. 2
Seoane Lunghezza: 12,1 cm (43/4 inches).
Ring gauge: 36 (14,29 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Cohiba Exquisitos.
Carolina Lunghezza: 12,1 cm (43/4 inches).
Ring gauge: 26 (10,82 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
H. UpMann Margaritas;
Punch Margaritas;
Ramon Allones Ramonitas.
Franciscano Lunghezza: 11,5 cm (41/2 inches).
Ring gauge: 40 (15,87 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Rey del Mundo Tres Petit Coronas;
Romeo y Julieta Tubos No. 3 e Tres Petit Coronas;
Punch Petit Coronation e Tres Petit Coronas;
Rafael Gonzales Tres Petit Lonsdales;
Por Larranaga Samll Coronas;
H. UpMann Coronas Minor.
Laguito No. 3 Lunghezza: 11,5 cm (41/2 inches).
Ring gauge: 26 (10,32 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Montecristo Joyitas;
Rafael Gonzales Cigarritos;
Rey del Mundo Senoritas;
Cohiba Panatelas;
Una scatola di questi ultimi è stata regalata da Francisco Linares, Presidente di Habanos SA, a Luciano Pavarotti; ogni sigaro ha una fascetta speciale su cui è inciso il nome del tenore.

 

 

 

Cadete Lunghezza: 11,5 cm (41/2 inches).
Ring gauge: 36 (14,29 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
H. UpMann Petit UpMann;
Questo era il sigaro preferito dal Presidente J.F. Kennedy, che prima di firmare l’Embargo Commerciale con Cuba 1961, si dice che abbia atteso che i suoi uomini a La Habana ne acquistassero circa 11.500.
Entreacto Lunghezza: 10 cm (37/8 inches).
Ring gauge: 30 (11,91 mm).
MARCHE E MODELLI IN COMMERCIO
Bolivar Demi Tasse;
Rafael Gonzales Demi Tasse;
Rey del Mundo Demi Tasse;
Hoyo de Monterrey Le Hoyo du Maire;
Romeo y Julieta Petit Julieta.

Come conservare un sigaro

Informazioni generali

Molte persone entrando in tabaccheria si fermano incuriosite e meravigliate davanti al “frigo” dove sono accuratamente stivate le scatole di sigari, e immancabilmente rivolgono sempre la stessa domanda:

“Ma i sigari devono stare in frigo ?”

Rispondere semplicemente di sì non è propriamente corretto, ma una cosa è vera: i sigari necessitano di essere conservati correttamente e accuratamente.
Le perplessità sono comunque giustificate dal fatto che siamo comunemente abituati a vedere i sigari esposti nelle scansie delle tabaccherie senza alcuna accortezza.
E’ questa una incongruenza? Il fatto è che i sigari di qualità, a differenza di quelli che possiamo comunemente trovare in tutte le tabaccherie, essendo privi di sostanze conservanti e umettanti richiedono particolari accorgimenti nella conservazione. I valori che vanno rispettati e mantenuti il più possibilmente costanti sono:

umidità relativa = 70 – 73 %
temperatura = 18° C circa

Molte pubblicazioni del settore riportano valori a volte anche molto discordi da questi, e ciò è causa di non poca confusione. Esistono dei valori corretti da prendere come standard di riferimento e se sì quali? Gli americani che sono maestri in questo hanno coniato la regola del doppio 70:

70° F
70% U.R.

che tradotta nelle nostre unità di misura diventa:

18° C
70% U.R.

Questi sono a mio avviso i valori corretti che possono comunque essere suscettibili di piccole oscillazioni.A dispetto di ciò che molti possono pensare, il parametro fondamentale da rispettare più che la temperatura è l’umidità relativa, il rapporto, cioè, espresso in percentuale, tra la quantità di vapore acqueo presente in un determinato volume d’aria e la quantità massima che può essere contenuta in sospensione in quello stesso volume d’aria e alla stessa temperatura (quantità di saturazione dell’aria).

Il sigaro naturale infatti, come tutte le sostanze organiche, è un prodotto igroscopico che si secca in assenza di sufficiente umidità dell’ambiente, o ne assorbe da uno umido; si viene quindi a stabilire un equilibrio con l’umidità atmosferica dell’ambiente che lo circonda.

Al di sotto del 68% di umidità relativa, un sigaro si seccherà lentamente, disidratandosi, e perderà gli “oli” vegetali essenziali, con una diminuzione di sapore e aroma. A 74% e oltre, le molecole organiche si frammenteranno “fuori ordine”, producendo sapori indesiderati. A 80% e oltre si creano fenomeni di muffe: né i sigari né gli humidors sono ambienti particolarmente sterili. Si noti che questi valori sono di Umidità Relativa, e che i sigari dovrebbero quindi essere conservati al 70-73% di U.R. indipendentemente dalla temperatura.

Guardatevi bene da coloro che vi prospettano tabelle secondo cui l’umidità relativa deve variare in funzione della temperatura, sono completamente fuori strada!!! Quello che interessa alla salute delle foglie di tabacco non è l’umidità assoluta espressa in grammi d’acqua per metro cubo, ma la percentuale relativa di acqua presente in quell’ambiente, rispetto la sua saturazione.

Per capirci meglio facciamo un semplice esempio: a 20° C, con una normale pressione atmosferica, un metro cubo di aria raggiunge la saturazione (U.R. del 100%) con circa 15 grammi di vapore acqueo; se ne deduce che per ottenere una umidità del 72%, sempre a 20° C, occorre una presenza di 10,8 grammi d’acqua per metro cubo. Supponiamo quindi di prendere un volume costante di aria e di creare al suo interno una U.R. del 72% (10,8 grammi di acqua per ogni metro cubo). Sigilliamo ora ermeticamente il contenitore e riponiamolo in frigo a 5° C. Noteremo che la U.R. all’interno del contenitore è sostanzialmente aumentata, tendendo il contenitore a saturarsi con un volume inferiore di acqua. Questo vuol dire che la quantità di vapore acqueo all’interno del contenitore è rimasta invariata, essendo questo ermetico, ma la sua umidità relativa è aumentata. In questa nuova situazione vi garantisco che dopo un po’ di tempo sui vostri amati sigari noterete il principio di formazione di una strana sostanza bianca: la muffa.

La spiegazione tecnica di tutto questo è da ricercarsi a livello molecolare nelle foglie, ma non voglio annoiarvi con una trattazione troppo scientifica del problema; vi basti ricordare di mantenere l’U.R. dell’ambiente dove conservate i vostri sigari ad un valore non troppo discorde dall’ormai famoso 70-73% , indipendentemente dalla temperatura.

Un altro importante aspetto da tenere bene presente, legato sempre alle condizioni ambientali, che può compromettere gravemente la conservazione dei sigari, è la variazione delle condizioni di umidità e temperatura. Di fatto un sigaro può sopravvivere abbastanza serenamente alle condizione improprie ma costanti, ad esempio di 16° C e 75% di umidità. Ma può danneggiarsi se nell’arco della giornata subisce ampi sbalzi di temperatura e/o di umidità.

La cosa risulta evidente quando si realizza che tali variazioni modificano il grado di elasticità e le dimensioni delle foglie costituenti il sigaro. In particolare quando temperatura e umidità diminuissero repentinamente, le foglie esterne, che subiscono per prime la variazione , si restringerebbero comprimendo l’interno e si fessurerebbero per la diminuita elasticità. Oppure, nel caso opposto, tenderebbero a dilatarsi distaccandosi dagli strati sottostanti e presentandocosì il fenomeno della sfogliazione della capa.
Tali sollecitazioni, se ripetute, possono nuocere all’estetica e al tiraggio dei sigari.

I danni comuni, causati dall’inosservanza di queste regole possono essere:

temperatura eccessiva:

possibilità di sviluppo del terribile tarlo: il “bicho”
secchezza e fragilità delle foglie
inconsistenza al tatto
tiraggio eccessivo
fumo caldo e acre

temperatura insufficiente:

fenomeni di sfogliazione quando tornano a temperatura normale
aumento artificioso della U.R.

umidità eccessiva:

formazione di muffe
consistenza sgradevole al tatto
rigonfiamento della tripa con pericolo di cricche sulla capa
corpo impastato con difficoltà di tiraggio
spegnimenti incongrui e fumata fastidiosa
fumo pesante e forte

umidità insufficiente:

perdita di elasticità
diminuzione di sapore e aroma
combustione irregolare

 

Molto spesso succede di imbattersi in sigari troppo secchi o troppo umidi, perché mal conservati. E questo non accade solo per incuria, ma anche per semplici casualità.
Dice Andrea Molinari: “è successo più di una volta di acquistare scatole di sigari a Cuba pensando di tornare immediatamente in Italia, dove li ho lasciati “riposare” per almeno 3 settimane in uno dei miei Humidors; poi, per esigenze di lavoro improvvise, dovevo cambiare il mio itinerario e viaggiare in paesi dai climi non proprio ideali. Gli sbalzi di temperatura e di umidità rendevano i miei sigari non fumabili.” In un caso del genere, occorre depositare i sigari, in scatola, dentro allo Humidor che, fra quelli a disposizione, più mantiene le condizioni climatiche ideali (17° C e 70% di umidità) per almeno 4/6 settimane, controllandone di settimana in settimana lo stato. Si potranno così vedere i sigari “rinvenire”: Nessun miracolo, visto che si tratta di un vegetale naturale

 

 

DATARE LE SCATOLE

Le scatole dei sigari cubani sono una vera miniera di informazioni.

In particolare possiamo dedurre:

se i sigari contenuti sono fatti a mano o a macchina,
quando sono usciti dalla fabbrica,
da che fabbrica provengono.

In quest’articolo poniamo l’attenzione sulla data. Infatti sapere il periodo di produzione è importante sia per il rivenditore o distributore che per il consumatore finale:

ci sono anni in cui la produzione è stata migliore
si possono verificare eventuali miglioramenti o scadimenti nella qualità e costruzione col tempo
qualcuno preferisce sigari “freschi”, altri ben “stagionati”
si possono pianificare eventuali periodi di maturazione nel proprio humidor

Sotto ogni scatola cubana, oltre al marchio a fuoco (e non timbrato come può essere in alcune scatole contraffatte) con la dicitura:

Habanos s.a. (la società che nel 1985 ha sostituito la vecchia Cubatabacco) e l’indicazione (sempre a fuoco) sulla fattura dei sigari:

Totalmente a mano Sigari costruiti totalmente a mano
Hecho a mano Sigari con ripieno a macchina e rifiniti a mano
Hecho en Cuba Sigari completamente a macchina

si trova un timbro di qualsiasi colore (generalmente nero o blu) che indica la data di uscita dalla fabbrica e la fabbrica da cui provengono. Questi codici sono stati rivelati e svelati già da alcuni anni e questo è il motivo che ha spinto la habanos a cambiarli.

Il primo codice usato è stato il NIVEL ACUSO (termine latino che vuol dire “sei accusato”) inserito nel 1985 da Francisco Padron presidente della Cubatabacco che in quell’anno divenne Habanos s.a.. con lo scopo di monitorare ed avere un controllo sulla qualità dei sigari.
La prima cosa da valutare è il suo peso. Se questo risulta eccessivo, richiede un controllo più accurato. Per vari motivi, molte delle scatole contraffatte vengono costruite con del legno compensato eccessivamente spesso. Un altro motivo per cui la scatola contraffatta può risultare troppo pesante è che i sigari vengono arrotolati da dilettanti che introducono troppo tabacco, formando così un bastoncino molto duro e umido. Questa tecnica semplifica l’attaccatura della capa. I sigari contraffatti vengono quasi sempre avvolti molto stretti poiché in tal modo è più facile ottenere sigari uniformi anche se sono vuoti. Sulla parte sinistra anteriore della scatola appare un sigillo di garanzia verde e bianco.. Questa tassa cuban seal/stamp si è applicata ad ogni scatola di sigari cubani dal 1912 per accertare la provenienza dei sigari chiusi.

Bollo originalmente verde e bianco esistente in tre formati: Grande (~ 2 1/2 “), piccolo (~1 1/4″ ) e miniatura (~ 13/16” ). Tuttavia nelle scatole del 2000  ha cominciato a comparire con la nuova guarnizione aggiornata della garanzia. Le nuove guarnizioni comprendono i particolari più fini compreso il microcolore di stampa che è più denso, i numeri di serie e perfino una filigrana UV nascosta. Queste nuove guarnizioni sono molto più difficili da contraffare e sono un miglioramento enorme sopra il vecchio stile UN.

La guarnizione è applicata tipicamente al bordo di sinistra anteriore dei contenitori a scatola mentre nei contenitori ad armadietto, la guarnizione è disposta l’eccedenza il bordo dei coperchi scorrevoli sull’ angolo superiore. Le guarnizioni miniatura sono tipicamente self-stick e soltanto applicate al piccolo 3/5 dei paks dei sigari, sopra il battito superiore del contenitore di cartone.

Tutte le nuove scatole dovrebbero avere la guarnizione recentemente aggiornata.
Il suo colore può variare dal verde bosco al verde pallido. Nel sigillo si può vedere uno stemma che contiene uno scudo con un cappello al di sopra. Non preoccupatevi eccessivamente se il sigillo della vostra scatola è stato rotto; aprire le scatole per verificare la presenza di difetti è una prassi comune durante le ispezioni a Cuba.
Nell’angolo a destra in alto della scatola dovrebbe esserci un adesivo Habanos bianco incollato diagonalmente.

   il chevron di Habanos posto sull’ angolo superiore  dei contenitori a scatola e sul angolo di sinistra più basso degli armadietti. Questa etichetta è ~13/16 ” ed è caratterizzata  da una stilizzazione nera di una foglia di tabacco seguita dalla scritta ” Habanos ” in lettere rosse in GRASSETTO che sono a sua volta evidenziate  con un colore Giallo o Arancio. Inoltre sull’etichetta ci sono due bande dorate dall’alto  al basso ( nella figura a fianco risultano nere ) e fra loro due linee nere fini. Questa guarnizione sarà su tutte le scatole di sigari  Avana esportati dal 1994.

 

Sul fondo della scatola infine troverete un bollo

Habanos s.a. Hecho en Cuba Totalmente a mano

I  marchi di garanzia. Attualmente  sono tre hallmarks/logos bollati e sono in questo ordine:” Habanos s.a. ” nelle lettere stilizzate – questo è il nome dell’azienda cubana corrente che esporta Havanas e comparirà su tutte le scatole esportate dall’ ottobre del 1994. Il marchio del Cubatobaco comparirebbe al posto di questo marchio di garanzia sulle scatole datate fra il 1985 ed il settembre del 1994.

HECHO EN CUBA ” in una serie completa di caratteri semplici Maiuscoli, circondata da un ovale diritto-parteggiato che è stata aggiunta nel 1960 per sostituire le stesse parole, precedentemente in inglese, “fatto in Cuba”

Totalmente un mano ”  scritto minuscolo, è il terzo marchio di garanzia e significa come dice la stessa frase “completamente a mano.” Questa marca posta a caldo è stata aggiunta nel 1989. Assicuratevi che ci sia un bollo marchiato a fuoco e non stampato ad inchiostro.

 

A questo punto, Al di sotto di quest’ultimo,  troverete un bollo scritto ad inchiostro (di qualsiasi colore) che vi indicherà il luogo di fabbricazione dei sigari e la data di uscita dalla fabbrica.

Questo bollo era chiamato NIVELACUSO, Il codice, risalente a molti anni fa, è in realtà un termine latino che vuol dire “sei accusato” poi sostituito da NETAGIDOCU ed ora indicante soltanto il mese e l’anno (es. NOV 00) e codice indicante la fabbrica

Il luogo di fabbricazione  è molto importante nel determinare la qualità dei sigari. Le fabbriche situate all’Havana sono normalmente associate a una migliore consistenza e qualità di quelle situate altrove.

Adesso siete pronti ad ispezionare il contenuto della scatola.

Nell’aprire la scatola, dovreste vedere comprire la garanzia Habanos stampata su un piccolo pezzo di pergamena.

Togliete la garanzia, spostate il lembo e sentite l’odore del tabacco. Troverete la sua fragranza piacevole con un aroma ricco e profondo. Il tabacco cubano ha un odore inconfondibile.
I sigari devono essere uniformi in colore e forma. La consistenza è molto importante. Gli strati devono essere tesi e privi di grosse venature.

Evitate i sigari che si presentano secchi e gessosi.

Macchioline dorate sulla capa sono normali e derivano da una lieve bruciatura causata da un raggio di luce ingrandito da una goccia d’acqua sulla foglia. La parte superiore del sigaro potrebbe apparire piatta, accade per alcuni formati che vengano schiacciati dal coperchio della scatola.

Ricordate che i sigari devono essere impacchettati molto stretti.

La loro estremità superiore deve essere identica e allineata con la stessa distanza dalla parte superiore della scatola. L’estremità inferiore del sigaro deve essere tagliata di netto e dritta e le strisce devono essere identiche e perfettamente allineate.

Il colore della capa può leggermente variare dal chiaro allo scuro ma mai al punto da assomigliare a un colore “maduro” perché Cuba non ne produce. Il vero talento del professionista nell’arrotolare i sigari sta nell’abilità di introdurre esattamente la giusta quantità di tabacco nei sigari. Un dilettante mette il tabacco a caso rendendo il sigaro a tratti pesante, cioè quando si avverte un ostacolo nel fumare il sigaro e diventa impossibile anche fare un leggero tiro, o al contrario si vede il sigaro bruciare in modo irregolare.
Sentite il contenuto del sigaro premendo con le dita su tutta la lunghezza. La capa deve risultare soffice e umida e il tabacco compatto e uniforme. Se finora il livello qualitativo dei sigari risulta buono, tirate la carta che fuoriesce dalla scatola e aprite un po’ il coperchio. Capovolgete la scatola e date dei colpetti sul fondo per smuovere i sigari in modo da vederne i residui di tabacco. Questo deve essere di colore marrone, di solito scuro e mai verde. La densità all’interno deve essere uniforme, con uno spazio sufficiente tra le foglie per consentire il passaggio dell’aria. Se l’interno appare troppo serrato, quasi solido, il sigaro sarà otturato. Cercate le venature della foglia che appaiono come piccoli rametti chiari all’interno del sigaro.Un errore molto comune dei contraffattori è quello di non rimuovere la vena centrale della foglia prima di arrotolarla. Questo è un indizio sicuro. I sigari originali contengono foglie intere da un’estremità all’altra, cosa che permette al fumo di seguire il suo percorso in un canale naturale.

I produttori di sigari contraffatti usano qualsiasi cosa per riempire compresi i frammenti residui di tabacco.

Ora siete pronti per ispezionare i sigari che si trovano nel secondo strato della scatola. Il colore della capa deve essere identico a quello dei sigari del primo strato. Controllate i sigari sul fondo. Se questi risultano incollati, specialmente quelli più esterni verso destra o verso sinistra, vuol dire che la scatola è stata prodotta così velocemente che la colla non ha avuto il tempo sufficiente per asciugarsi. Questo particolare è comune nelle contraffazioni. L’ultimo segnale di autenticità è poco conosciuto ma è sempre un difetto attendibile che appare sulla maggior parte delle scatole contraffatte. Se esaminate lo strato sottile di legno di cedro che separa i due strati, nell’angolo destro superiore deve esserci un piccolo trancio a forma di mezza luna per le dita.

Questo deve essere perfettamente curvo poiché non è costruito a mano in caso di taglio dritto (vedi sotto) quasi certamente avete di fronte un falso.

Se ricevete una scatola in cui i due strati sono separati da uno strato di cartone invece che di cedro, la scatola non è sicuramente autentica.

Non tutte le scatole di sigari cubani sono perfette e conformi ai criteri descritti in alto. Per gli amanti di sigari cubani, la miglior cosa è acquistarli da rivenditori Habanos autorizzati come ad esempio nei negozi “La casa del Habano” o in tabaccherie specializzate.

ABBINAMENTI

Gli appassionati di sigari conoscono bene i piaceri dispensati da una lenta e           meditativa fumata. E sanno anche che il miglior modo di scoprire nuove gioie per i sensi e per la mente è quello di accompagnare al fumo i migliori Abbinamenti alla ricerca dell’accordo perfetto. L’accoppiata Sigari-Porto, ultraclassico della cultura anglosassone ha visto di recente aumentare i sostenitori anche nel nostro Paese. Abbinamento aromatico per eccellenza, produce il miglior risultato col matrimonio fra vini di buon corpo, in ispecie i più maturi, in grado di sovrapporsi idealmente e compenetrarsi con la gamma aromatica dei sigari. Gli zuccheri e il frutto dei Vintage giovani infatti tenderebbero a contrastare il vigore olfattivo e strutturale del           sigaro, finendo col prevaricarlo.

 

Dal Porto al Rum: affinità elettive intimamente radicate si scoprono fra Rum e sigari Cubani, un matrimonio che conferisce ricchezza e complessità alle due parti in causa, già ricche di personalità per conto loro.

Allora ben vengano le calde evocazioni, le stimolanti provocazioni che non possono non rimandare a terre arse dalla canicola, a mari lontani teatro di esotiche avventure. Quanto alle accoppiate, ci si può ben sbizzarrire: i Rum della Guayana, della Martinica o Venezuelani regalano un’ampiezza di gamma tale da poter provare diversi sigari.

 

Questa sintetica carrellata dei migliori “matrimoni” non poteva dimenticare il Cognac.

Abbinamento ultraclassico, da sempre sinonimo di savoir faire e di esclusività, un po’ come il caviale con la Vodka, le ostriche con lo Chablis, quello fra il sigaro e il Cognac rende la miglior soddisfazione una volta “personalizzato” e quindi dopo aver attentamente selezionato, col tempo, la coppia preferita.

Ci permettiamo di consigliare la nostra: quella formata dal Delemain Gran Champagne millesimato 1960, estremamente elegante, dotato di una grande morbidezza, una fragranza di aromi inconfondibile e l’intenso Partagas Churchills de Luxe che dà il meglio di sé fra il secondo e l’ultimo terzo. Quando vorresti che non finisse mai…

 

 

 

Icewine, Eiswein o Vin de glace

Definizione: l’icewine o eiswein è un vino bianco dolce ottenuto da uve raccolte durante l’inverno quando gli acini sono congelati sfruttando così un processo di crioconcentrazione naturale. Origini: Non è certo dove precisamente sia nato questo tipo di vino, certi lo fanno addirittura risalire ai romani che in alcuni scritti risalenti al tempo di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) sostenevano che le uve dovevano essere lasciate sulle piante fino al termine di Novembre per prendere le prime gelate invernali. Più recentemente si narra che nel 1794 nella città di Würzburg in Franconia (Germania) si verificò una gelata inattesa che congelò le uve ancora sulle piante. I contadini per non perdere del tutto il raccolto, ormai rovinato, decisero di vendemmiarlo ugualmente e videro che torchiandolo ne usciva un mosto molto dolce e concentrato. Un’altra teoria sostiene che sia nato nella città di Dromersheim nella Rheinhessen nell’inverno 1829-1830. Il gelo e il freddo congelarono le uve sulla pianta e i contadini decisero di raccogliere ugualmente l’uva per darla alle bestie; si accorsero però che il succo era particolarmente dolce quindi decisero di vinificarlo ugualmente: nacque così il primo Eiswein. Infine questa tecnica venne perfezionata e migliorata soltanto alla fine degli anni ‘60  dal dott. Hans Georg Ambrosi che iniziò gli studi in Sudafrica. Una volta tornato in Germania fondò una cantina in Renania e iniziò a produrre Eiswein. Altri produttori seguirono il suo esempio e questo vino divenne un prodotto tipico della Germania. Il clima tedesco però non sempre permette la produzione di questo vino a causa degli inverni che possono essere più caldi o più freddi. In Canada invece il clima è perfetto e permette una produzione costante negli anni. Nel 1973, Walter Hainle un tedesco immigrato in Canada, iniziò la produzione di questo vino prendendo il nome di  icewine. Oggi il Canada è il più grande produttore di icewine specialmente nella penisola del Niagara. Uvaggi: Bianchi Riesling (la più usata in Germania), Vidal (la più importante in Canada), Chardonnay, Chenin Blanc, Ehrenfelser – un incrocio fra Riesling e Sylvaner – Gewürztraminer, Kerner, Pinot Bianco e Seyval Blanc, un ibrido ottenuto in Francia all’inizio del XX secolo dall’incrocio di due ibridi di uva Seibel. Rossi  Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e marginalmente Syrah. Produzione: La produzione di questo vino si basa sul processo di crio concentrazione ovvero di concentrazione di sostanze utilizzando il freddo. Esistono quindi due metodi per attuare questo processo: quello naturale, cioè di lasciare l’uva sulla pianta ed aspettare il gelo invernale; e quello meccanico, che consiste nel congelare gli acini meccanicamente. In Canada, Austria e Germania il congelamento deve avvenire naturalmente per potersi avvalere del nome eiswein o icewine; in altri paesi invece è ammessa anche la tecnica artificiale ma in questo caso il vino prende spesso il nome di icebox wine o di Vin de Glacière. I migliori ovviamente sono prodotti col metodo naturale. Le uve una volta mature vengono lasciate sulla pianta in attesa di una gelata che porti la temperatura almeno a -8° C. Questa attesa è molto rischiosa per i produttori perché se la gelata non arriva tempestivamente l’uva può essere attaccata da parassiti o addirittura da muffe. In altro modo se la gelata è troppo rigida i chicchi rischiano di congelare eccessivamente, rendendo così l’estrazione del mosto quasi impossibile. Per legge  la temperatura in Canada deve essere almeno di -8°C, mentre in Germania di -7°C. Per evitarne il disgelo la vendemmia avviene quindi durante le prime ore del mattino e l’uva deve essere pressata quando ancora è gelata. Il mosto che se ne ricava risulta così denso e concentrato in zuccheri e aromi, con percentuali che vanno dai 180 gr. ai 320 gr. al litro. Inizia a questo punto la fermentazione che a seconda del produttore può avvenire sia in tini d’acciao che in botti di rovere. Il processo di fermentazione, a causa dell’alta densità del mosto è un processo che può arrivare a durare anche qualche mese. In Germania la tendenza è quella di produrre Eiswein molto leggeri con una gradazione di circa 6%vol., mentre in Canada si producon Icewine anche da 13%vol.       Tipologie: I “vini del ghiaccio” si differenziano principalmente in base all’uvaggio di provenienza: i vini prodotti con uve bianche sono generalmente giallo paglierino o oro chiaro tenenti all’ambra e all’oro con l’invecchiamento; quelli prodotti con uve rosse invece sono invece tendenti ad un colore rosato. Alcuni produttori canadesi hanno da pochi anni iniziato la produzione di Ice wine rifermentati in bottiglia con un metodo simile a quello dello champagne, producendo però un vino simile ad un Asti ma con più corpo e più zuccheri.

Aperitivo a Savona

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Aperitivo a savona

Ci rechiamo a Savona per un aperitivo con in un noto e consigliatissimo locale nella darsena. I nostri compagni di avventure sono in canonico ritardo pertanto iniziamo subito con il primo giro. Da non trascurare la gentilezza e sopratutto la grande preparazione del personale di sala, difatti molto spesso capita di vedere volti assenti in attesa di qualche ispirazione o aiuto del pubblico a casa quando si trovano d’avanti a richieste extra lista come il Martinez . Bene NON è questo il caso la preparazione tecnica miscelata con savoir faire di tutto lo staff è eccelsa. Chiediamo consiglio alla Super mixologist del locale che ci propone un “Golden Puddle” ! PROVIAMOLO !

Golden puddle

 3 vod mandarino

2 aperitivo analc

1 ap analc bianco

0,9 bitter orange

0,1 buccia arancia

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L’aperitivo è proposto con piatti ricchi di stuzzichini da accostare ai drink, il  tutto è appositamente preparato al momento con un servizio impeccabile a partire dal bicchiere freddo, al sempre dimenticato tovagliolino, fino ad arrivare all’ingrediente ultimo ma non ultimo. Il Sorriso !

Ovviamente all’arrivo dei nostri amici non possiamo esimerci dall’ordinare il secondo giro !

Dopo una cena in un’altro locale ristorante con un esito discutibile, non si puo non ritornare per un after dinner ed anche qui il tocco di eleganza è in centro tavolo !

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Il nome del locale ?

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Caffè del Mar a Savona gestito con maestria da Paolo e Tiziana .

Salutiamo con un sorriso ed un ARRIVEDERCI .

DISTILLAZIONE

La Distilazione

 

Introduzione e Storia

 

La distillazione è un processo fisico che consente contemporaneamente la separazione e la concentrazione dell’alcool contenuto in quantità ridotte nei fermentati, sfruttando alcune proprietà fisiche tipiche delle miscele di sostanze aventi temperatura di ebollizione diversa. Si perde nel tempo la maestria nel distillare o concentrare l’alcol. La prima notizia certa risulta essere il sistema descritto nel 77 a.C da Plinio il Vecchio. La sostanza da ridurre veniva posta in un recipiente, simile a una pentola, coperto da pelli molto sottili e tese. Bollendo,i vapori andavano ad impregnare questa menbrana che veniva poi spremuta rilasciando il condensato. Documenti più attendibili risalgono al ° al XIII° secolo, in pieno medio evo. Furono proprio gli alchimisti arabi a sperimentare questa pratica e a chiamare  aqua vitae ( acqua di vita) il prodotto della distillazione del vino ritenendo che queste avevano proprietà medicamentose straordinarie. E sembra ancora che le parole alambicco (Al-ambic – il recipiente) e alcool (Al-kuhal – polvere impalpabile) siano di origine araba. Gli apparecchi usati dai primi distillatori erano alambicchi in vetro di piccole dimensioni da cui si ottenevano modeste quantità di distillato. Altri progressi furono fatti anche da studiosi stranieri, francesi e tedeschi. L’introduzione e la diffusione in Francia delle conoscenze dell’arte di distillare fu opera di Caterina de’ Medici (1519-1589), che condusse con se alla corte di Parigi scienziati fiorentini abili produttori di acquaviti. Nei secoli seguenti, l’arte di distillare, progredisce e continua la sua diffusione passando dal vino anche ad altri prodotti, come le vinacce, fino ad allora non prese in considerazione. Inoltre, l’alambicco, si va via via modificando grazie all’introduzione di materiali metallici e si trasforma in apparecchiature più complesse ed efficienti che consentono di distillare quantità sempre maggiori. Dal ‘700 in poi la distillazione di fermentati ha conosciuto una grande diffusione sviluppandosi industrialmente con la produzione in larga scala delle acquaviti di vino ( cognac,brandy), vinacce (grappa), malto e cereali (whisky, gin e vodka), melassa (rum), frutta (calvados, kirsch, ecc.).Determinante dal punto di vista produttivo l’invenzione dell’alambicco a colonna a distillazione continua da parte di Aeneas Coffey nel 1831 utilizzato ancora oggi.

 

DISTILLAZIONE DISCONTINUA

 

La distillazione discontinua avviene in recipienti di relativamente modeste dimensioni ( circa 100-130 hl.) prevalentemente in rame. La particolarità di questo sistema consiste nell’ottenere il prodotto finale attraverso più passaggi, ovvero alla fine di ogni ciclo l’alambicco viene ripulito completamente e caricato con il prodotto ottenuto dai precedenti passaggi. Il liquido fermentato viene messo in un contenitore chiamato scalda vino il quale provvederà ad innalzare la temperatura dello stesso evitandogli uno shock termico al momento del passaggio in caldaia e accelerando i tempi di ebollizione. In seguito il liquido raggiungerà la caldaia, dove tramite una fonte di calore evaporerà. I vapori raggiungono la  cima della caldaia dove è posizionato il capitello, che funge da coperchio della caldaia, nel quale è solitamente posizionato un deflemmatore che concentra e elimina le impurità contenute nel liquido evaporato. Raggiunto il punto di non ritorno ( chiamato cigno ) i vapori si condensano all’interno di una serpentina refrigerante. All’uscita del refrigeratore il condensato avra una gradazione compresa tra i 25 e i 35 gradi. Tutte queste operazione durano circa 8 ore. Al termine si toglie il liquido alcolico, si ripulisce l’alambicco e ci si appresta ad una seconda distillazione denominata rettificazione. Durante questa operazione il calore dovrà essere modulato e monitorato per consentire una lenta e accorta separazione tra le sostanze basso bollenti (teste), alto bollenti (code) dal cuore (composto da tutte quelle sostanze che evaporano intorno ai 78,4°C). Questa operazione ha una durata di circa 10 ore. Il distillato, così, ottenuto avrà una gradazione di circa 68/72°C.

 

DISTILLAZIONE CONTINUA

 

La distillazione continua con alambicco a colonna o a piatt,i consiste nella costante alimentazione e nel continuativo prelievo del liquido alcolico ottenuto. In questo tipo di alambicchi il sistema del riflusso è ottenuto tramite l’impiego, all’interno della prima colonna, di piatti o forellini. Dalla base della colonna sale un flusso di calore che scalda i piatti su cui è depositato il liquido da distillare provocandone l’evaporazione. Il vapore si depositerà, poi, su il piatto successivo il quale a sua volta si riscalderà facendo salire ancora i vapori alcolici il quale si purificheranno sempre più man mano che salgono. I diversi piatti vengono riscaldati da una fonte ascensionale di calore, per cui il piatto più vicino alla fonte stessa (dunque, in basso) ha una temperatura maggiore rispetto al più lontano (dunque, in alto). Più numerosi saranno i piatti e più puro ne risulterà il distillato. Nella estremità inferiore della colonna si accumuleranno le sostanze prive di componenti alcoliche. Una volta arrivati in cima alla colonna di distillazione, i vapori purificati, si trasferiscono nella colonna di condensazione dove una serpentina refrigerata li trasformerà nuovamente in liquido. Con questo tipo di alambicco, il distillato ottenuto sarà sicuramente più puro ed inevitabilmente anche più neutro rispetto al distillato prodotto con alambicco discontinuo dove, oltre alla componente alcolica, entrano a far parte del distillato anche altre componenti quali: alcoli, aldeidi, esteri, ecc., che renderanno il distillato più caratteristico e con sentori unici derivanti dalla materia prima utilizzata e dall’abilità del mastro distillatore. Il liquido alcolico ottenuto dalla distillazione di tipo continuo, infatti, può raggiungere una gradazione fino a 96°C:

Shaker

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LE ATTREZZATURE FONDAMENTALI

Per poter svolgere un buon servizio, il barman, dovrà disporre di una buona attrezzatura. 

Lo Shaker 

Shaker, deriva dall’Inglese “to shake”, (agitare, scuotere ritmicamente). Lo scopo da raggiungere è quello di miscelare e raffreddare gli ingredienti nel minore tempo possibile.

Uno strumento come lo shaker non viene inventato ma sviluppato.

Questo cittadino del mondo ha in realtà una patria, l’america, e più precisamente New York.

La città dalle mille luci ospita a metà ‘800 la professionalità di Mr. Jerry Thomas allora barman al Metropolitan Hotel.

Nel 1859 Il “Professor Thomas” inizia il suo giro in Europa con un set di coppette in argento del valore di 4.000 dollari, cifra considerevole all’epoca, fondamentali alleati per la preparazione del famoso

“Blue Blezard”.

Poco dopo nel 1872 un newyorkese, Mr William Harnett, deposita la richiesta per il diritto d’immagine del “Apparatus for mixing drink”, presso l’ufficio brevetti della United States Patent Office.

E’ l’inizio di una nuova Socialità!

Nel 1884 fa la sua comparsa lo shaker classico a 3 pezzi con “Strainer Incorporato”.

Dal 1887 al 1898 la New Meridian Britannica e la International Silver iniziano la produzione di shaker in 6 differenti dimensioni.

All’inizio del ‘900  nei grandi hotel americani che avevano seguito il rito del te inglese del te delle 5 si convertirono al cocktail time con l’uso di shaker che ricordavano teiere i cosiddetti “Teas”.

Dopo poco alcune aziende iniziarono la produzione di shaker a tema, per esempio a forma di missile, di lanterna, di faro , di sacca da golf o a forma di estintore (della sete!)

Il mito era nato.

Sono due i tipi di shaker maggiormente usati:

Il Classico

E`formato da tre pezzi: il bicchiere conico, la parte centrale

bucherellata che può essere usata anche come filtro, ed il tappo

superiore fatto a bicchierino. Importante è unire i tre pezzi

singolarmente in modo da evitare che si crei dell’aria all’ interno

dello shaker.

Il Boston

E` formato da due pezzi conici, il primo in vetro l’altro in metallo,

oppure ambedue in acciaio o ancora una parte in acciaio ed una in policarbonato.

Probabilmente è il tipo di shaker preferito dai professionisti

per la sua maggior praticità; alcuni infatti, usano filtrare direttamente

senza l’uso del passino, lasciando una piccola apertura tra i due coni.

E’ apprezzato anche per la sua maggior capienza; permette infatti di

preparare più cocktails con una sola shakerata.

Sull’ uso di questo tipo di shaker, i pareri sono discordi. La soluzione

più logica è quella di mettere gli ingredienti nella parte in vetro, ed

il ghiaccio nella parte metallica. Poi facendo attenzione a non

rovesciare il ghiaccio, chiudere   lo strumento con un movimento veloce.

Si trovano in commercio shaker di entrambi i tipi, di diversi metalli,

i preferiti da i professionisti sono quelli in argento, in acciaio o in vetro.

Metodi di appassimento – vini passiti

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Metodi di appassimento

Come saprete i vini passiti sono i vini più ricchi ed intensi, spesso dal sapore abboccato o dolce.

Questi vini si ottengono grazie alla sovramaturazione dell’uva, con questo procedimento gli acini di disidratano perdendo acqua, gli zuccheri si concentrano e l’acidità diminuisce.

Questo processo è detto appassimento da cui deriva appunto il nome di questi vini “vini passiti”. 

L’appassimento può avvenire sia con metodi fisici che chimici concentrando cosi gli zuccheri dell’uva ed avere  un vino più alcolico e profumato, ma non necessariamente dolce.

            Questi vini hanno particolare rilevanza nel panorama italiano dei vini, basta pensare al Vinsanto, al passito di Pantelleria, all’aleatico dell’Elba, al Torcolato Veneto, etc.; ma anche nel resto del mondo come per esempio il Sauternes, Tokaj, etc.

            Tutti questi vini hanno in comune un processo particolare, vengono cioè fatte appassire le uve prima di procedere alla spremitura e alla vinificazione.

            Per ottenere questo esistono vari metodi:

  • METODI FISICI

 

    • Vendemmia tardiva: l’uva viene lasciat
      a sovrammaturare sulla pianta fino a che non raggiunge la giusta concentrazione di zuccheri;

 

 

    • Torsione del peduncolo: viene spezzato il peduncolo del grappolo, ma senza che questo si stacchi dalla pianta, l’uva poi viene lasciata ancora per qualche giorno attaccata al ramo. Così facendo si toglie agli acini la possibilità di continuare a nutrirsi e a crescere, costringendoli ad un appassimento causato dall’arsura del sole e dell’aria;

 

    • Appassimento su graticci, stuoie o in appassitoi: l’uva viene raccolta al giusto grado di maturazione e poi viene fatta appassire in ambienti controllati come soffitte o cantine all’aria, oppure in appassitoi con temperatura e umidità controllate;

 

 

 

  • METODI CHIMICI

 

  • Botrytis cinerea: l’uva ancora nella vigna, in particolari condizioni climatiche viene attaccata da una muffa detta “muffa nobile”, ovvero la botrytis cinerea. La muffa usata in stato larvale attacca gli acini e ne utilizza l’acqua concentrando gli zuccheri, allo stesso tempo cede all’acino alcune sostanze che svilupperanno altre reazioni chimiche che contribuiranno alla formazione degli aromi del vino. Con questo metodo si ottengono i vin i cosiddetti muffati.

Dolcificanti

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Dolcificanti

Esistono due tipologie di dolcificanti naturali e sintetici :

DOLCIFICANTI NATURALI

Fruttosio
È lo zucchero che si dalla frutta. Ha un potere dolcificante superiore al saccarosio e un indice glicemico più basso del glucosio, rimane a disposizione per più tempo nell’organismo. Viene utilizzato nell’industria per dolcificare bevande, gelati e preparazioni dolciarie.

Glicirizina
Si estrae dalla radice della liquirizia, ha un potere dolcificante superiore al saccarosio ma un apporto calorico inferiore. La glicirizina ha un marcato aroma di liquirizia ed è utilizzata principalmente nell’industria come edulcorante ed aromatizzante.

Glucosio
È un monosaccaride conosciuto anche come destrosio; è il composto organico più diffuso nel regno animale e vegetale, si trova allo stato naturale nella frutta, negli ortaggi .

 

Lattosio
È un disaccaride formato da una molecola di glucosio e da una di galattosio, è l’unico dolcificante di origine animale in quanto presente in soluzione nel latte; è dotato di un potere dolcificante inferiore al saccarosio.

Mannitolo

Deriva dalla manna ed esiste in natura in diversi vegetali (carciofi, cipolle, funghi, alghe, gelsomino), ha un potere dolcificante inferiore al saccarosio e viene utilizzato come diuretico.

Miele
È un dolcificante di elevato valore nutritivo e potere dolcificante di cui esistono in commercio diverse varietà, in base ai metodi di estrazione e alle caratteristiche del fiore di origine. Il miele può essere, inoltre, di tipo “pastorizzato”, se viene sottoposto ad un trattamento termico che favorisce la conservazione allo stato liquido ma ne altera in parte le caratteristiche nutrizionali, oppure “vergine integrale”, se non viene sottoposto ad alcun trattamento fisico-chimico.

Saccarosio

È il comune zucchero da cucina che si ottiene dalla lavorazione della canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero, è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio. In commercio ne esistono diversi tipi in base alla consistenza: semolato, cristallizzato, a velo, pilè, in zolle, in granella.

 

Sorbitolo
È uno zucchero che si ottiene dalle bacche del sorbo, ha un potere dolcificante che è circa la metà del saccarosio. E’ largamente utilizzato nell’industria alimentare come dolcificante, agente lievitante e additivo alimentare. Se assunto in dosi eccessive può provocare in alcuni soggetti diarrea, è sconsigliato l’uso per bambini di età inferiore ad 1 anno.

Stevia
La stevia è una pianta originaria del Centro America le cui foglie vengono utilizzare per estrarre una polvere dotata di un elevato potere dolcificante ma un ridotto apporto calorico. La stevia può presentarsi in forma di polvere bianca o di liquido trasparente, ha un potere dolcificante molto forte

Xilitolo
È un polialcol contenuto in molti vegetali (fragole, prugne, cavolfiore, indivia) ed ha un potere dolcificante simile al saccarosio. Viene impiegato per la preparazione di vari prodotti dietetici ipocalorici soprattutto le gomme da masticare. Un consumo eccessivo di xilitolo può causare diarrea.

  Zucchero bruno di canna
È lo zucchero non raffinato che si estrae dalla canna da zucchero, si presenta sotto forma di cristalli di colore bruno intenso ed è caratterizzato da un particolare retrogusto.

In oltre esistono una seria di proteine dall alto potere dolcificante utilizzate nell’industria alimentare per il loro alto potere dolcificante che ne consente e consegue un utilizzo minore in termini di quantità

 

DOLCIFICANTI di SINTESI

  • Acesulfame potassico
    Ha un potere dolcificante notevolmente superiore al saccarosio e un apporto calorico nullo, ha una buona resistenza al calore che lo rende utilizzabile anche per gli alimenti da sottoporre ad elevate temperature.

 

  • Aspartame
    È un dolcificante di sintesi formato da acido aspartico e alanina, facilmente solubile e a ridotto apporto calorico L’aspartame ha un elevato potere dolcificante e una ridotta stabilità al calore, per cui non può essere utilizzato per dolcificare alimenti da sottoporre a temperature elevate difatti assume un sapore amaro se surriscaldato dato dalla modificazioni molecolari .

 

  • Ciclammato
    È un derivato dell’acido ciclammico, ha un potere dolcificante 50 volte superiore a quello del saccarosio ed è utilizzato nell’industria come edulcorante da tavola o aggiunto in bevande e marmellate dietetiche. Il ciclammato è stabile alle alte temperature ed ha un caratteristico sapore amaro, per questo è usato prevalentemente in associazione alla saccarina.

 

  • Saccarina
    Ha un potere dolcificante notevolmente superiore a quello del saccarosio, non determina un apporto energetico ed ha una buona stabilità al calore.. In commercio la saccarina viene utilizzata principalmente nelle bevande, nelle preparazioni per alimenti per diabetici e come dolcificante da tavola.

 

  • Sucralosio
    Il sucralosio è un disaccaride ottenuto mediante la clorazione controllata del saccarosio di cui ha un potere edulcorante circa 500-600 volte superiore. Non ha apporti calorici ed è stabile ad elevate temperature quindi può essere utilizzato per la preparazione di prodotti da forno.

I dolcificanti artificiali hanno tutti il vantaggio di conferire un sapore dolce agli alimenti o alle bevande a cui vengono aggiunti, senza addizionare a questi apporti energetici.

Quando nelle etichette dei prodotti alimentari è presente la scritta “senza zucchero aggiunto” vuol dire che non è stato utilizzato saccarosio, ma potrebbero essere presenti altri dolcificanti naturali o sintetici.

Attualmente esistono studi discordanti sugli effetti cancerogeni di questi dolcificanti un esempio lampante sono gli studi sulla presunta tossicità dell’aspartame il quale tuttavia sembra non essere il diretto responsabile di tale fenomeno ma tuttavia da un suo composto , il metanolo che compone il 10% dell’aspartame.

Non si conoscono le specifiche azioni di tossicità del metanolo , tuttavia si ipotizza che sia dovuta alla sua trasformazione in formaldeide e acido formico. E’ anche si vero che il metanolo è contenuto anche nelle mele ma sembra che la sua azione sia contrastata dalla presenza di etanolo.

CONSIDERAZIONI

Il ” progresso” come comunemente inteso forse sta virando nell’involuzione.

Basta vedere come il progresso tecnico ci porta ad estrarre sostanze dolcificanti dalla natura senza prendere coscienza della pericolosità dell’elemento, che preso  singolarmente senza alcuni principi attivi di altre sostanze contenute nel frutto o pianta di origine lo rendono potenzialmente dannoso.

Non e’ forse meglio ritornare all’utilizzo di prodotti puramente naturali ?

La Stevia

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Stevia

 

Una foglia che sostituisce lo zucchero ???

La stevia rebaudiana  è una pianta con un forte potere dolcificante con benefici sulla pressione arteriosa e sull’assorbimento dei grassi.

Oggi con la maggior attenzione al fitness è sicuramente una pianta pronta per entrare ne l consumo comune.

Il sapore dolce della pianta si deve al un “glucosio” chiamato stevioside, composto da glucosa e rebaudioside
La Stevia in natura e’ 15 volte piú dolce dello zucchero da tavolo (sucrosa) ed il suo estratto e di 100 fino a 300 volte piu’ dolce dello zucchero.

Principali componenti della foglia di Stevia

  • Monoterpene,
  • Diterpene labdamicos,
  • Triterpene,
  • Sesquiterpene,
  • Esteroidi,
  • Flavonoidi,
  • Tannino
  • Oli volatili.

Si tratta di una pianta poco nota in europa ma di gran voga nel sud america e largamente usata in giappone dove è anche a livello industriale un esempio famoso e lampante è la diet coke .

La Stevia rebaudiana Bertoni fa parte della famiglia delle Asteracee e del genere Stevia che raggruppa 154 specie. Questa pianta alta circa 60- 100 cm , resistente e non selvatica, è originaria del nord-est del Paraguay. Gli indiani Guaranì utilizzarono questa “erba dolce” fin dai tempi precolombiani per dolcificare la loro bevanda principale, il màte. Il nome della specie, “rebaudiana”, le è stato conferito in omaggio al chimico Rebaudi che per primo è riuscito ad isolare la sostanza edulcorante contenuta nella pianta. Moises Bertoni, direttore della facoltà di agraria di Asuncion in Paraguay, è stato invece il primo a pubblicare una descrizione della pianta nel 1899, ma l’aveva confusa con un’agrimonia e l’aveva chiamata infatti Eupatorium rebaudiarium. E qualificativo “Bertoni” sarà accolto solo più tardi, in seguito a ricerche portate avanti da botanici tedeschi che hanno corretto l’errore. Si può comunque ascrivere a merito di Bertoní il fatto che la sua “scoperta” ha facilitato la diffusione e portato in tutto il mondo la fama della Stevia.

Così questa pianta, per il grandissimo potere dolcificante delle sue foglie, è attualmente coltivata e commercializzata in Paraguay, in Messico, in Brasile, in Giappone – dove è presente nel 50% dei prodotti dolcificanti – in Cina, in Malesia e in Corea del Sud. Le sue foglie sono lasciate seccare per essere poi ridotte ad una polvere più o meno raffinata, che può essere verde o bianca. Il suo successo commerciale in quei paesi è dovuto al grande potere dolcificante conferitole dal composto molecolare “stevioside” che rappresenta all’incirca il 10% della materia secca della pianta.

Benefici…

  • non causa diabete . difatti a differenza del glucosio non stimola la produzione di insulina endogena.
  • non contiene calorie difatti non viene metabolizzata
  • non altera il livello di zucchero nel sangue evitando livelli insulinici elevati e quindi permettendo l’utilizzo di altri nutrienti (grassi ecc) come fonte di energia ATP
  • non ha tossicità (al contrario dei dolcificanti sintetici)
  • non avendo zuccheri non provoca carie e placca dentale e non necessita di vitamine del gruppo b e minerali per essere metabolizzata come avviene per lo zucchero
  • non contiene ingredienti artificiali
  • può essere usata per cucinare

impieghi medici ipotizzati…

  • diabete, obesità, iperattività, pressione alta, ipoglicemia, indigestioni;
  • diminuendo l’intossicazione dell’organismo provocata dallo zucchero raffinato, probabilmente giova alla pelle;
    poichè soddisfa la voglia di dolce, quasi sempre mette a tacere la “fame psicologica” di carboidrati (pane, pasta, ecc.) e di dolci;
  • fornendo una gradevole soddisfazione primaria (il dolce) è probabile che diminuisca i bisogni compulsivi di fumare e bere alcool.

Note:

  • nel mondo cosiddetto “incivile” e poco o nulla tecnologico…
    La Stevia è conosciuta da molti popoli, oltre che per il suo potere dolcificante, anche per le sue proprietà medicinali ed è stata usata dagli indiani per le sue doti curative per centinaia di anni.
  • negli USA e nel mondo civilizzato…
    Ne è approvato ufficialmente l’uso in 10 paesi, inclusi Giappone, Paraguay e Brasile.
    Negli USA può essere venduta come supplemento dietetico ma non come dolcificante o additivo per cibi.
    In Giappone è usata per produrre la Diet Coke ®
    E’ comunque generalmente usata nei soft drinks, nelle chewing-gum, come tavolette dolcificanti, negli sciroppi e nei prodotti farmaceutici.
  • in Italia e in Europa…
    Nel 1999 la Commissione sugli Additivi nei Cibi del WHO (World Healt Organization), e il Comitato Scientifico per gli Alimenti dell’Unione Europea, riesamina i dati disponibili sullo stevioside e decide che non è accettabile come dolcificante.
    Successivamente, il 22 febbraio del 2000 la Commissione Europea, seguendo le opinioni del Comitato Scientifico per gli Alimenti – SCF, confermando la precedente decisione del 1999, ha deciso che la Stevia Rebaudiana (pianta ed estratti secchi) non può essere inserita nel mercato comunitario come alimento o come semplice ingrediente. In germania tuttavia aggirando l’ostacolo è in commercio come prodotto odontoiatrico in quanto combatte la formazione di carie. Venne concessa la vendita di STEVIA in europa come pianta ornamentale.

Il 12 novembre 2011 la commissione europea approva il regolamento per la messa in commercio di prodotti dolcificanti derivanti dalla STEVIA.

Lo stevioside

 

Lo stevioside è un composto presente nelle foglie della pianta stevia ed ha un fortissimo potere dolcificante , motivo per cui è stata utilizzata per secoli dalle popolazioni del sud america.

Nel 2000, uno studio danese ha mostrato come lo stevioside ridurrebbe la glicemia  stimolando la produzione di insulina, confermando la supposta validità come cura per il diabete, scopo per cui la stevia viene utilizzata da secoli in paraguay

Nel 2003 , uno studio belga ha mostrato come lo stevioside somministrato ai maiali venisse completamente convertito in steviolo, ma che quest’ultimo non veniva assorbito, nemmeno se trasformato in una forma più facilmente rilevabile.

Ma cosè lo steviolo ?

Lo steviolo è la forma agluconica ( glucosio)  dello stevioside e del rebausodioside  , composti presenti nelle foglie della pianta stevia  e derivati. È un carcinogeno riconosciuto. Tuttavia, secondo alcune ricerche, nelle popolazioni che fanno uso di foglie di stevia e derivati, tra cui il giappone , non esisterebbe una marcata evidenza statistica di tumori riconducibili allo steviolo. Lo studio in vivo dell’università di Berkeley  confermerebbe tali statistiche.

COSE DA SAPERE  SULLA STEVIA

  • durante l’essiccazione il peso del prodotto fresco si riduce ad 1/5;
  • 15 ml di estratto sono pari a 370 gocce circa;
  • 15 ml di estratto corrispondono al potere dolcificante di circa 1 kg di zucchero;
  • una goccia di estratto di Stevia equivale a circa 3 gr di zucchero;
  • 1 cucchiaino da caffè di zucchero pesa circa 2 gr., mentre 1 bustina preconfezionata di zucchero contiene circa 5 grammi;
  • 1 goccia di estratto di Stevia equivale a circa 1,5 cucchiaini di zucchero, e 3 gocce di estratto di Stevia equivalgono quasi ad una bustina di zucchero… …a calorie zero!

POSSIBILI  UTILIZZI DELLA STEVIA

Creare un’ estrtatto

Considerando che generalmente i dolcificanti a base stevia reperibili in italia NON sono puri ma tagliati con altre sostanze di cui parleremo, è possibile creare un estratto homemade tramite una macerazione idroalcoolica.

Per fare questo dovremo utilizzare 1 litro di alcool buongusto a 95% 350gr foglie verdi di stevia nella bottiglia e lasciarla riposare per 15 giorni proteggendola dalla luce.

A seguito filtreremo il tutto ed aggiungeremo 33cl di acqua per abbassare il tasso alcoolico.

Per eliminare ulteriormente l’alcool riscalderemo il prodotto continuando a lavorarlo , in questo modo faremo evaporare l’alcool in eccesso.

Creare uno sciroppo

E’ possibile continuare l’addensamento fino ad ottenere una soluzione sciropposa e densa . E’ possibile ridurla fino ad un peso di 200 gr. Avendo cosi un potere dolcificante 70 volte superiore , l’ equivalente di 14 kg. Di zucchero.

Foglie secche

Molto piu semplicemente potremo utilizzare le foglie secche tritte MOLTO finemente ovviamente non avremo le caratteristiche cristalline e bianche dello zucchero ma un potere dolcificante maggiore sicuramente a kcal. Zero.